L’appello dei curdi di Kobane e Afrin: non lasciateci soli, la Turchia ci massacra

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“Quello in atto nei confronti dei curdi non è solo un attacco ingiustificato, è un vero e proprio genocidio”. Mentre sale la tensione lungo il confine tra Turchia e Siria e anche dei giornalisti, almeno due, riportano ferite da colpi di artiglieria, le parole di Asira Abdallah, eroina di Kobane e co-presidente del Movimento per società democratica non lasciano adito a dubbi su quanto stia avvenendo in queste ore e costringono gli ignavi a guardare in faccia alla realtà.

Dopo il genocidio degli armeni, un secolo dopo quegli orrori, la Turchia sta compiendo nel Kurdistan siriano crimini contro l’umanità nel silenzio colpevole della comunità internazionale.

Eppure a fronte di quanto avviene in Siria la coscienza collettiva dell’Europa non sembra scossa. Ed è proprio ai leader europei che la Abdulla ha voluto lanciare un messaggio chiaro.

Durante una conversazione via Skype che sono riuscita a strapparle poco prima di una riunione di emergenza con i rappresentanti del Pyd, il partito curdo maggiormente rappresentativo in Rojava, la Abdallah ha condiviso alcune considerazioni che forniscono il quadro di quanto lì accada e fornisce qualche chiarimento sulle prospettive per l’area in conflitto.

L’esponente curda ha voluto ricordare che l’Unione europea ha compiuto sforzi importanti per risolvere la crisi siriana, ma che oggi debba compiere un atto di coraggio, assumendo una posizione netta nei confronti dell’operazione militare turca contro il suo popolo, massacrato con armi pesanti, granate e bombe a grappolo.

Un attacco quello su Afrin e Kobane che colpisce soprattutto i civili. Con conseguenze gravi, come già era avvenuto con  la rappresaglia iniziata a gennaio che ha causato migliaia di vittime nella provincia del distretto del Kurdistan siriano e la distruzione di abitazioni, luoghi di culto e ospedali.

“Ci aspettiamo che i massacri contro i civili siano condannati, che Erdogan non continui a beneficiare del silenzio della comunità internazionale” è l’appello dell’ex combattente di Kobane.

La Turchia aveva giustificato l’offensiva partita ainizio 2018 affermando che i curdi siriani rappresentavao una minaccia per l’integrità territoriale turca. Erdogan non può e non vuole permettere alle forze politiche del Kurdistan siriano di portare avanti la loro agenda, che ha come principale punto il progetto dell’autonomia federalista che, a differenza di quanto ritengano i turchi, migliorerebbe la sicurezza e la stabilità non solo in Siria ma nella regione nel suo complesso.

E oggi i nuovi attacchi seguono quella linea. Le  operazioni militari turche a favorire l’instabilità siriana, quanto le ambizioni espansionistiche che Erdogan non riesce più a celare.

A fronte di ciò la Abdulla chiede che l’Europa e le Nazioni Unite siano garanti del rispetto degli accordi e delle risoluzioni approvate dall’assemblea generale e che si assumano le proprie responsabilità.

Il messaggio che lanciano i rappresentanti dei curdi è chiaro: l’unica possibilità per risolvere la crisi siriana è un modello di federalismo democratico. Ed è questo il punto su cui la comunità internazionale dovrebbe impegnarsi, oltre a trovare un punto di equilibrio tra ciò che politicamente conveniente e moralmente giusto.


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