John McCain un padre nobile degli Stati Uniti

0 0

Se n’è andato John McCain, un politico per bene, un eroe di guerra, un repubblicano che credeva nell’America ed aveva ben chiaro che cosa fosse l’onestà, il coraggio, la difesa delle istituzioni. Ho seguito la sua campagna elettorale quando si candidò alla Casa Bianca nel 2008, la gente lo adorava lo acclamava, ma non fu sufficiente per vincere. Il fascino e il carisma di Obama furono più forti. Ero in Arizona la notte elettorale del 4 novembre di quell’anno nel lussuoso ranch dove McCain e i suoi sostenitori aspettavano i risultati della grande sfida con Obama. Si capí subito che l’eroe del Vietnam, il pilota pluridecorato che non parlò neanche sotto tortura, non ce l’aveva fatta e che gli Stati Uniti avrebbero avuto il loro primo presidente nero. Fu esemplare il suo discorso di concessione della vittoria ad Obama,indimenticabile. “Il popolo americano ha parlato e ha parlato chiaramente. Poco fa ho avuto l’onore di chiamare il senatore Barack Obama per congratularmi con lui per essere stato eletto presidente del paese che entrambi amiamo,” disse stoppando i fischi e i boati che salivano dai suoi sostenitori. Obama sarà il mio presidente” concluse al fianco di una scomposta Sarah Palin, candidata vicepresidente,una scelta di cui raccontò in seguito di essersi pentito. Da quella notte di sconfitta continuò con disciplina la sua attività al Congresso decidendo di volta in volta in modo autonomo senza timore di schierarsi anche contro il suo partito, come quando votò contro l’abolizione della Obamacare, la riforma sanitaria voluta da Obama ma tanto odiata da Trump e dai repubblicani.

Era già malato di cancro, ma andò apposta al Senato con la cicatrice in testa fresca dell’operazione per schierarsi contro la decisione di togliere l’assistenza medica a milioni di americani. Il progetto di Trump grazie anche al suo voto non si è mai realizzato. Non ha avuto un buon rapporto con Trump, non ha sostenuto la sua candidatura e ha chiesto che non sia presente al suo funerale.Trump è arrivato ad insultarlo persino sul suo coraggioso periodo di prigioniero in Vietnam, affermando che gli eroi sono quelli che combattono,non quelli che si fanno catturare. Lui lo ricambiò ricordando la sua scelta di figlio di papà di non partire per la guerra grazie all’aiuto di medici amici. Con Obama ha avuto un rapporto leale e oggi su Facebook l’ex presidente lo ricorda con queste parole.” apparteniamo a generazioni diverse, proveniamo da ambienti diversi ed abbiamo combattuto ai più alti livelli della politica. Abbiamo condiviso, pur con le nostre differenze, una fedeltà a qualcosa di più alto, gli ideali per i quali generazioni di americani e immigrati hanno combattuto, marciato e si sono sacrificati. Abbiamo visto le nostre battaglie politiche come un privilegio, qualcosa di nobile, un’opportunità per servire come stewards quegli alti ideali e per farli avanzare in patria…” Belle parole delle quali dovrebbe far tesoro anche la litigiosa classe politica italiana.


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21