Turchia, con rielezione di Erdogan tempi ancora più duri per i giornalisti. Lista di proscrizione di quelli sgraditi agli alleati nazionalisti

0 0

La scontata rielezione di Recep Tayyip
Erdogan alla presidenza della Turchia con il 52,59% delle preferenze non prospetta nulla di buono per i giornalisti liberi.
E la conferma arriva con la lista di proscrizione pubblicata dall’Mhp, movimento di destra alleato decisivo dell’Akp, il partito di Erdogan che guiderà con ancora maggior rigore il Paese grazie ai poteri del presidenzialisno che si è auto riconosciuto con una riforma in Parlamento e un referendum vinto per un pugno di voti.
L’elenco di operatori dell’informazione, accademici e sondaggisti sgraditi ai nazionalisti è apparso su diversi quotidiani filo-governativi turchi.
La ‘colpa’ dei segnalati aver ‘diffamato’ il partito durante la campagna elettorale.
“Messaggio di ringraziamento (Diffamazione, Accusa, Calunnia)” è il titolo della pagina che ritrae il leader dell’Mhp, Devlet Bahceli, con sullo sfondo la bandiera nazionale turca e l’immagine di una manifestazione elettorale.
Nella lista figurano 70 nomi di individui e organizzazioni che, secondo i nazionalisti, avrebbero travisato il messaggio dell’Mhp nel corso di una “campagna di diffamazione lunga mesi, intensa e faticosa”.
Uno dei giornalisti proscritti l’editorialista Kadri Gursel dello storico quotidiano di opposizione Cumhuriyet che in risposta ha twittato: “Come giornalista mi renderebbe solo felice che quello che ho scritto non venga dimenticato”.
Un collega a schiena dritta Gursel che ha pagato con una condanna a 5 anni di carcere la sua determinazione a restare libero e a non piegarsi alle logiche del bavaglio turco.
Come il nostro connazionale Lorenzo Bianchi, fermato dai servizi segreti ed
espulso dalla Turchia alla vigilia del voto come “persona indesiderata e pericolosa”.
Bianchi ha annunciato che farà ricorso al Tribunale di Ankara e che arriverà fino alla Corte europea per i diritti dell’uomo nel
caso non fossero riconosciute le sue ragioni.
Giornalista di grande esperienza internazionale, per anni sui teatri di guerra come inviato de “Il Resto del Carlino” e ora
collaboratore dell’Huffington Post, Bianchi si era recato a Ankara giovedì scorso per seguire le elezioni parlamentari e presidenziali anticipate. Non ha potuto però svolgere il suo
lavoro perché è stato fermato ed espulso. Era diretto a Diyarbakir, la città più popolosa del Kurdistan turco per partecipare a una osservazione elettorale su invito dell’Hdp, il partito ‘filo-curdo’ il cui segretario e un certo numero di parlamentari sono in carcere dopo che è stata loro revocata l’immunità.
Arrivato in aeroporto gli agenti del servizio di intelligence turco MIT lo hanno fermato, gli hanno sequestrato il passaporto e hanno fotografato alcuni numeri di telefono
contenuti nella rubrica dello smartohone appartenenti ad alcuni
dirigenti del Partito democratico dei popoli del dipartimento di Ankara. Dopo due ore gli è stato consegnato un foglio di espulsione perché “persona pericolosa e indesiderata” prima di accompagnarlo all’aereo diretto in Italia.
Oltre a fare ricorso alla magistratura di Ankara contro il provvedimento Bianchi è pronto a portare le proprie ‘ragioni’ sin davanti alla Corte europea per i diritti dell’uomo. Non è ancora libera Cristina Cattafesta, presidente dell’ong Cisda,  in Turchia per osservare il voto su invito dell’HDP, fermata domenica dalle autorità turche a Batman, sudest a maggioranza curda, è ancora trattenuta in un centro di espulsione a Gaziantep. Articolo 21 oltre a chiedere la sua immediata liberazione, condanna la pubblicazione della lista dei giornalisti considerati sgraditi  dall’Mhp, un atto pericoloso, un attacco alla libertà di stampa inaccettabile.
Erol Onderoglu, il rappresentante di Giornalisti Senza Frontiere in
Turchia, ha evidenziato quanto sia “estremamente allarmante” che Bahceli “individui giornalisti ed editorialisti come un obiettivo”.

Alla festa di Articolo 21, che quest’anno si svolgerà alla Casa delle donne il 3 luglio, proietteremo il reportage con le interviste realizzate durante il mio viaggio in Turchia in qualità di osservatore al processo Cumhuriyet. Testimonianze importanti dei protagonisti della battaglia per la libertà di stampa nel Paese, la più grande prigione per giornalisti. Al momento sono almeno 160 gli operatori dell’informazione in carcere. Unica buona notizia delle ultime settimane la fine della prigionia per decorrenza dei termini per Mehmet Altan, su cui pende una condanna all’ergastolo che, se confermata in Appello, lo riporterà in cella.


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21