Turchia, arrestata giornalista per i suoi post sui social. Aveva raccontato i dubbi sul fallito golpe

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È stata arrestata per dei semplici tweet e post condivisi sui social media. Ma prima ancora il regime non le aveva perdonato il suo documentario sullo sventato colpo di Stato in Turchia del 15 luglio 2016. Per la giornalista Ece Sevim Öztür questa mattina si sono aperte le porte del penitenziario di Sulivri dove resterà fino a quando non apparirà davanti ai giudici che l’accusano di sostegno alla rete di Fethullah Gülen, ritenuto l’ideatore del fallito golpe.

Ece paga anche lo scotto di essere, insieme al marito Reşat Şahin Öztürk, vicina a Muharrem İnce, candidato alla presidenza turca del  CHP.

Il pubblico ministero che conduce le indagini le contesta di aver favorito e condiviso il tentativo di detronizzare il presidente Recep Tayyip Erdogan e “di aver volontariamente aiutato nella preparazione del push pur non facendo parte della struttura gerarchica dell’organizzazione”.

Si allunga così la lista dei giornalisti imprigionati da quando è stato decretato lo stato di emergenza, sono oltre 160.

Ma oltre agli operatori dell’informazione sono in carcere decine di migliaia di persone sospettate di aver avuto contatti o di aver supportato i golpisti.

Quasi 50 mila tra militari, magistrati, accademici, insegnanti, avvocati e attivisti sono attualmente in carcere e più di 100mila sono in attesa di giudizio.

Tanti anche i politici imprigionati, tra cui Selahattin Demirtas”, leader e candidato del Partito democratico del Popolo alle elezioni presidenziali che si svolgeranno il 24 giugno. Per lui sei capigruppo dei partiti o coalizioni dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa hanno chiesto alle autorità turche di rilasciarlo immediatamente. Questo è il secondo appello  lanciato per la liberazione di Demirtas, in detenzione preventiva dal novembre 2016, dopo che gli è stata tolta l’immunità parlamentare, che secondo l’opinione della commissione di Venezia, espressa nell’ottobre 2016, andava ripristinata”. Il primo appello era diretto a tutti i parlamentari europei affinché chiedessero a Ankara di liberare il candidato. “Ci sono sei candidati alle elezioni presidenziali, ma uno di loro, Selahattin Demirtas, non è in grado di partecipare alla campagna elettorale. Questo disequilibrio di opportunità è contrario al principio di libere elezioni sottoscritto dalla Turchia in quanto stato membro del Consiglio d’Europa, è il rilievo mosso dagli esponenti politici della Apce. Ora, a pochi giorni dal voto, che verrà monitorato da una delegazione dell’organo di Strasburgo, i presidenti dei gruppi hanno rinnovato la richiesta di rilascio del candidato pro-curdo “in modo che abbia almeno la possibilità di partecipare agli ultimi giorni della campagna elettorale”.

Voto che non appare più tanto scontato. I sondaggi danno in calo il consenso per Erdogan che appare sempre più nervoso nelle apparizioni pubbliche. Ma resta comunque favorito. Ora più che mai l’attenzione della comunità internazionale deve essere costante. Si tratta di un voto storico che condizionerà, nel bene o nel male, il futuro del Paese, mai così incerto.


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