Comunista critico, intellettuale poliedrico, rabdomantico, sempre appassionato. Valentino Parlato ci mancherà e ci lascia un vuoto

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Intelligenza acuta e brillante, ironia colta e un po’ malinconica, qualità politiche e giornalistiche eccelse. Questo si può dire con una sintesi immediata su Valentino Parlato, la cui scomparsa repentina ci ha colto di sorpresa e impreparati. E sì, perché negli ultimi anni il suo corpo aveva subito più di un disagio, ma proprio questa debolezza sembrava una vera forza profonda e duratura. Purtroppo, le Parche –fu una battuta proprio di Valentino durante un funerale- decidono di recidere il filo, quando vogliono. Non c’è niente da fare.

Una firma, un giornale. Impossibile pensare a “il manifesto” senza di lui, che –essendone tra i fondatori e ripetutamente il direttore- l’ha sorretto nei passaggi difficili o apparentemente impossibili da superare, navigando con esperienza e sagacia di sovente sull’orlo del baratro, senza perdere una pazienza insieme combattiva e rassegnata, in apparenza. Un grazie sentito e appassionato deve venire da tutte e da tutti, nei riguardi di chi ha contribuito in modo sostanziale a rendere possibile il giornale. Un’impresa eroica. Una bottega, disse in un dibattito alla radio Valentino; no, è una boutique rispose un noto direttore. Infatti, il prestigio del quotidiano ha retto e regge negli anni, malgrado le crisi della carta e della vecchia comunicazione analogica.

Non solo eccellente giornalista, maestro di intere generazioni. Ma pure espressione autentica di quel comunismo italiano critico, messo alla porta dall’ufficialità del Pci nel ’69 (fatte salve le scuse ex post di Alessandro Natta) e tuttavia capace di prefigurare i tratti della crisi: del e nel capitalismo, come si diceva. Anzi. Parlato era colui che aveva maggiore cultura economica nel magnifico gruppo de “il manifesto” -rivista, quotidiano, per un periodo soggetto politico- tanto da dialogare con destrezza con lo stimato Federico Caffè o con i governatori della Banca d’Italia. Senza imbarazzi o subalternità.  Non solo. Era un intellettuale poliedrico, aperto alle novità, curioso, rabdomantico, sempre appassionato. Lo si vedeva assai spesso alle assemblee e alle iniziative delle varie componenti della sinistra, pessimista ma non domo. Era interessato, fino all’ultimo, a contribuire a ritessere un filo conduttore, per non arrendersi. Una lezione e un monito.

Valentino ci mancherà e ci lascia un vuoto. Perché possa rinascere una figura così, bravissima quanto disinteressata al potere mediocre, ce ne vorrà.


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