Trentino, ancora lontana la parità di genere in politica

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Il 28 marzo scorso, presso l’hotel America a Trento le consigliere provinciali della Provincia Autonoma di Trento, le pochissime donne elette, hanno incontrato altre donne e altri uomini per discutere sullo stato delle cose in merito al ddl sulla doppia preferenza di genere, a firma Maestri – Bezzi, bloccato in aula da oltre cinquemila emendamenti ostruzionistici presentati dalle destre, dalla lega, dal movimento cinque stelle.
Il Trentino, a dispetto della buona nomea di cui gode oltre i confini regionali, insieme all’Alto Adige è l’unica zona d’Italia in cui non si vota con doppia preferenza di genere.

La legge 215 del 2012, che ha portato nel resto d’Italia a un aumento considerevole e documentabile della percentuale di donne che occupano luoghi decisionali della rappresentanza politica, non è stata recepita dalla Regione Autonoma e alle elezioni amministrative non si applica.

Lucia Maestri, consigliera provinciale del PD, e Giacomo Bezzi, consigliere provinciale di Forza Italia, hanno fatto convergere in un unico ddl le rispettive proposte per introdurre la doppia preferenza di genere alle elezioni provinciali del Trentino.
A sostegno del ddl si è costituito un Comitato Non Ultimi, composto da donne e da uomini che non accettano di rimanere fanalino di coda d’Italia sulla parità di genere e che hanno raccolto migliaia di firme, contribuendo a sensibilizzare e informare la cittadinanza.
Un sostegno alla legge è arrivato anche da Cgil, Cisl e Uil del Trentino e da 30 Comuni ed enti locali. Quasi tutte le rappresentanze di categoria hanno espresso ufficialmente parere favorevole a quello che, a mio avviso, non è una mera questione di quote rosa o di “riserve indiane”, come amano dire i rappresentanti del Movimento 5 Stelle, e non è neanche una mera questione elettoralistica, ma una realizzazione di democrazia, incompiuta se manca chi rappresenta la parte più numerosa della popolazione.

Attraverso il ddl Maestri-Bezzi si chiede che ciascuna lista sia costruita in modo tale che persone dello stesso sesso biologico non eccedano il 50 per cento del totale e sia consentita l’espressione di almeno due preferenze, di cui una riservata a un candidato o a una candidata di sesso diverso, pena l’annullamento delle preferenze successive alla prima. Si chiede inoltre che in tutti i momenti, i luoghi e gli spazi della comunicazione politica siano invitate le donne al pari degli uomini.

La norma si rende necessaria perché a tutt’oggi nel consiglio provinciale del Trentino, in presenza di una percentuale di donne che supera il 51% della popolazione, ci sono solo sei donne su 35 consiglieri (pari a un misero 17% di persone elette). Di queste, una sola donna è in giunta. Dal 1948 sono state poche di più: 23 su 525 seggi totali.

La discussione in aula era ripresa, dopo una prima sospensione, sotto la valanga di emendamenti ostruzionistici, in una data simbolica, l’8 marzo. Ma il giorno successivo è venuto a mancare il numero legale in consiglio provinciale. Dalla doppia preferenza, dunque, si è passati alla doppia umiliazione.
La calendarizzazione prevede che al prossimo consiglio provinciale, la prossima settimana, in coda a ogni altra discussione, ci sia la ripresa del ddl Maestri – Bezzi ed è stato già deciso che non si procederà a oltranza. Quale potrà essere l’evoluzione della discussione se non un dignitoso ritiro del ddl con onta mediatica verso chi, nei fatti, dimostra di aver paura di essere sostituito da qualche donna? Quale forza può avere una maggioranza di governo che della lotta alle discriminazioni di genere anche in politica ha fatto uno dei suoi punti programmatici, ma che ha dimostrato di non saper difendere le proprie istanze da un’orda di agguerriti consiglieri maschilisti, che al dibattito politico preferiscono, come accade ormai da tempo e in molteplici occasioni, il blocco ostruzionistico?

Eppure numerose ricerche pubblicate mostrano che, dove le donne sono più rappresentate nelle istituzioni elettive, aumentano anche le politiche di welfare e familiari e diminuisce la corruzione. Risulta che le donne diano maggiore importanza al welfare, alla famiglia, ai diritti delle persone. Al di là degli schieramenti politici, le donne sono più inclusive nelle loro scelte rispetto alle fasce più emarginate della società, nei confronti di persone giovani, anziane e straniere.
Citando Giovanna Badalassi dal blog Noidonne.org, occorre “passare dal genere dei politici alle politiche di genere”. Ma la Provincia Autonoma di Trento, avvalendosi dell’autonomia speciale, continuerà a discriminare le donne, contribuendo al rallentamento della crescita democratica della società, all’impoverimento della nostra comunità.

*L’autrice è consigliera comunale di Trento per l’Altra Trento a Sinistra


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