Record di giornalisti arrestati nel 2016: 348. Annus horribilis per la libertà di stampa

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Il 2016 è stato l’annus horribilis per i giornalisti. Lo testimoniano tre diverse fonti, Reporter Senza Frontiere, Comitato per la protezione dei giornalisti e Human rights watch. Da gennaio ad oggi ben 348 nostri colleghi sono finiti in carcere, di cui oltre un centinaio nella sola Turchia. Seguono nella classifica Cina, Egitto, Siria – Iraq e Sud Sudan.
A diffondere per primi questi allarmanti dati, come avviene annualmente, gli analisti di Rsf che nel proprio rapporto spiegano come non sia possibile accertarne il numero preciso, considerato che il governo, attraverso il ministro della Giustizia Bekir Bozdag, si è rifiutato di fornire cifre ufficiali.
Per le organizzazioni turche per i diritti umani e civili e per la libertà di stampa i giornalisti attualmente detenuti nel Paese sarebbero addirittura 144.
Il rapporto, che considera anche blogger e freelance, mostra come nell’ultimo anno la percentuale di arresti in Turchia sia esponenzialmente salita, considerato anche il giro di vite che ha colpito l’informazione in seguito al fallito golpe del 15 luglio scorso. Particolarmente colpite le donne, il cui numero di detenzioni è passato da cinque a 21.
Sempre in Turchia, sottolinea Rsf, centinaia di colleghi hanno dovuto e devono fare i conti con il crescente autoritarismo del presidente Erdogan e sono sotto processo con l’accusa di “aver insultato il presidente” o di “terrorismo”. Alcuni sono stati incarcerati senza neanche una precisa accusa a loro carico.
Anche sul fronte dei giornalisti tenuti in ostaggio, tutti concentrati in zone di conflitto in Medio Oriente, si è registrato un peggioramento. Attualmente sono 52 i colleghi nelle mani di rapitori senza scrupoli tra Siria e Iraq che si confermano i Paesi più pericolosi e con 21 casi di sequestro operati dal sedicente Stato islamico.
Anche grazie ai numeri di un altro report, realizzato dai ricercatori di Hunan rights Watch in Turchia, appare chiara la volontà del governo e del presidente Recep Tayyip Erdogan di silenziare i media ‘liberi’ nel Paese.
Nelle 69 pagine del rapporto si sottolinea come le pressioni sulla stampa si siano intensificate già dal 2014 e abbiano subito una forte accelerazione dall’estate scorsa con 169 tra media e case editrici chiusi durante lo stato d’emergenza.
Ma molti altri giornalisti sono stati incarcerati nel 2016 in tutto il mondo. Mai così tanti negli ultimi tre decenni, come evidenziato dalla relazione del Comitato per la protezione dei giornalisti (CPJ), un gruppo no-profit che lavora per difendere la libertà di stampa: 259 rispetto a 199 nello stesso periodo 2015.
È il numero più alto da quando il gruppo ha cominciato a monitorare e registrare dettagliatamente le restrizioni verso la categoria dal 1990.
E non sono compresi i giornalisti scomparsi o tenuti prigionieri da gruppi non governativi.
Per il Cpj sono la Turchia, con 81 giornalisti arrestati, la Cina, 38, e l’Egitto, 25, ai primi tre posti della classifica dei paesi con il maggior numero di operatori dell’informazione incarcerati.
Numeri che tracciano chiaramente il profilo di una vera e propria persecuzione della categoria in tutto il mondo e cvd sta crescendo a un tasso sconvolgente.
Condividiamo la preoccupazione espressa dal segretario generale di Rsf, Christophe Deloire il quale ha evidenziato come, alle porte dell’Europa, sia in corso una caccia alle streghe che ha portato dietro le sbarre decine di giornalisti e ha trasformato la Turchia nella più grande prigione per i professionisti dei media.
Purtroppo a fronte della recrudescenza di queste repressioni gli strumenti per la difesa dei nostri colleghi a rischio sono pressoché nulli.
Le numerose risoluzioni delle Nazioni Unite sulla protezione dei giornalisti e sulla battaglia contro l’impunità di chi commette crimini contro gli operatori dei media devono ancora produrre risultati soddisfacenti.
Per questo sosteniamo la richiesta del Cpj e di Rsf all’Onu di creare la figura del “rappresentante speciale per la sicurezza dei giornalisti” che riferisca direttamente al segretario generale.

PER APPROFONDIRE
Qui il link al Rapporto 2016 di Reporter senza frontiere sui giornalisti detenuti, tenuti ostaggio o scomparsi (in inglese).


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