Rai, caccia grossa

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«Una giornata particolare», splendido film del compianto Ettore Scola, potrebbe dare il titolo generale alle ventiquattro ore che sconvolgeranno (?) la Rai. Stiamo parlando delle nomine dei direttori dell’informazione del servizio pubblico, su cui l’attuale capo in testa Campo Dall’Orto aveva pure detto che se ne sarebbe parlato più avanti. Tuttavia, la figuraccia dei compensi «regali» ben eccedenti il tetto previsto di 240000 euro all’anno deve aver suggerito di deviare l’attenzione su altri territori. E quello dei tg e dei gr (con qualche aggiunta fantasiosa sul digitale, come se quest’ultimo fosse un settore a parte e non una cultura d’insieme) è un territorio ghiotto per i palati delle leadership cui piace da matti giocare a battaglia navale. Il potere ha un fascino indiscreto, di per sé. Quindi, ecco l’urlo di combattimento, a mo’ del gladiatore Russell Crowe. Neanche troppo nascosto, c’è poi il sottotesto: si avvicina la scadenza del referendum sulla Costituzione e il circolo stretto di Renzi ha puntato tutto sulla vittoria.

Nel caso, invece, dovesse prevalere il No, il finale di partita e di partito si avvicinerebbe. Di qui, l’esigenza di stringere ulteriormente i bulloni, a dispetto dei santi e dei dati. Sulla base delle tabelle rese note dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (vediamo i recentissimi, 16 giugno-15 luglio), il Sì’ prevale nettamente nel Tg1 (60,9% i Sì’ contro 36,9% i No), ma non nel Tg2 e nel Tg3, dove si registra un sostanziale pareggio (49,7% verso il 49,3% nell’uno; 39,8% nell’altro, per entrambe le opzioni). E vuoi vedere che la conoscenza delle percentuali ha gettato negli inferi Marcello Masi e Bianca Berlinguer, quest’ultima oggetto del resto di grottesche polemiche da parte del Partito democratico? In verità, proprio il Pd, che ha evocato il mostro di Frankestein fino ad esserne travolto, pronuncia frasi contraddittorie. Un vorrei ma non posso ad alto rischio, difficilmente ormai gestibile. Infatti, è stato detto a gran voce (innanzitutto e prima, però, da Sinistra italiana e 5Stelle) che i nomi vanno preceduti da un piano editoriale. Ovviamente è così. Mentre non è affatto ovvio e tutt’altro che ispirato al bon ton istituzionale il timing prescelto.

Una riunione del consiglio di amministrazione convocata per discutere del progetto, portato solo dopo alla commissione parlamentare di vigilanza. E a seguire, ecco un altro cda, dedicato all’organigramma. Assurdo, inconcepibile, un colpo di mano di dubbia legittimità. Come se un piano editoriale non fosse un passaggio meritevole non di qualche ora, bensì di qualche settimana di approfondimento. Non andò così con le proposte formulate dal predecessore alla direzione Gubitosi. Delle due l’una: o il testo del super-responsabile Carlo Verdelli è una cosa seria, e allora richiede vera riflessione; o è mera conservazione con qualche parola magica alla moda, e allora è una solenne presa in giro. Bene ha scritto contro Carlo Freccero, componente di un consiglio relegato a coro silente. Insomma, si fermi la macchina prima che la storia si ripeta in farsa, rispetto ai drammi della prima repubblica, riesumata con onore. E’ il trionfo della conservazione. La Rai ha bisogno, al contrario, di una rivoluzione, che passi innanzitutto per il superamento dell’attuale ripartizione in reti e testate, figlia di un mondo finito da molti anni. Per curiosità. Se andate sul sito della Rai, troverete curiosi Job posting: per «Rai ragazzi» e per la guida della redazione dell’Emilia Romagna. Sono queste le nomine?

Fonte: “Il Manifesto”


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