L’inchino alla moglie del “Capo dei Capi”, l’ultimo scempio alla religione. Adesso basta: sospendete le processioni!

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Passa per le vie di Corleone, la roccaforte dei Riina e dei Provenzano, l’ennesimo scempio alla sensibilità dell’essere cristiani (ma anche laici). L’ennesimo vergognoso inchino alla mafia. L’ennesimo stupro ad un popolo che appare quasi rassegnato.

La processione di San Giovanni Evangelista, al suono della campanella del confrate, si ferma sotto il balcone di Ninetta Bagarella, moglie del “capo dei capi”, Totò Riina e sorella del malacarne Leoluca Bagarella, ed effettua un inchino. Ninetta, accanto alle sorelle, sorride e risponde con un cenno col capo.
I rappresentanti delle Forze dell’Ordine lasciano la processione e la Procura di Palermo apre un fascicolo d’indagine sull’accaduto. La responsabilità dell’episodio viene subito attribuita ad uno dei portatori, cugino della Bagarella, Leoluca Grizzaffi.

Al di là delle mere responsabilità dell’accaduto, è un ripetersi incessante di episodi che nulla hanno con la religione. Una vera e propria “Via Crucis” che i devoti delle mafie – non della religione – stanno portando avanti da tempo. Mentre Papa Francesco elogia la legge che confisca i beni ai mafiosi, nessuno interviene per evitare che si continuino a consumare episodi del genere.
E’ arrivato il momento di prendere decisioni – forse impopolari – ma che pongano fine a questo stillicidio: fermare le processioni, in particolar modo in luoghi “particolari”. Come già si è fatto, del resto, in Calabria.

Don Corrado Lorefice, Arcivescovo di Palermo ma prima ancora straordinario pastore, siamo certi non mancherà di far sentire la propria indignazione. Adesso, però, ci vuole qualcosa in più. La Chiesa siciliana deve arginare questi episodi e non può che farlo sospendendo le processioni. In una terra dove i simboli sono tutto, l’inchino alla Bagarella ha una strategia ben precisa: continuare nel solco dell’intervista a “Porta a Porta” del figlio, Riina junior.

In un momento di vuoto di potere, i corleonesi stanno cercando di riaccreditarsi, soprattutto all’esterno, per far comprendere come a comandare (e soprattutto ad ottenere il “rispetto” dalla gente) siano ancora loro. Non possiamo permettere che ciò continui. Non possiamo per la memoria sanguinante di chi, la lotta alla mafia, l’ha combattuta al prezzo della propria vita.


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