“Come si fa a non aprirsi all’accoglienza?” Intervista al direttore di Famiglia Cristiana Don Sciortino

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Obbedienza ed eresia. Un tema colossale, ma non del tutto fuori luogo se si parla con un prete e giornalista come don Antonio Sciortino, dal 1999 direttore di Famiglia Cristiana.  L’occasione è arrivata a Trieste, grazie a L.ink, “Premio Luchetta incontra”, che ha assegnato a Famiglia Cristiana il premio Unicef “per la sensibilità con la quale ha raccontato e racconta tutt’oggi le storie di chi soffre o non è in grado di far sentire la propria voce, in una prospettiva sempre attenta e rigorosa ai diritti degli innocenti e dei più deboli spesso resi invisibili dall’indifferenza globale”.

Come si concilia, allora, per un giornalista che è anche un prete, il principio dell’obbedienza, tanto importante nella tradizione cattolica, con l’eresia, intesa (dal punto di vista etimologico) come verità da afferrare e anche come libera scelta rispetto all’ortodossia. C’è, paradossalmente, un pizzico di eresia in questa “Famiglia Cristiana”, che raggiunge ogni settimana quasi tre milioni di lettori?
L’ipotesi non è del tutto blasfema, visto che già nel lontano 1971, un autorevole cardinale come Ruini la giudicò troppo “spregiudicata”. Rispetto al compatto e quasi totalizzante sistema dei mass media dominante per anni, Famiglia Cristiana è stata un po’ “eretica” quando ha scelto di attaccare l’allora onnipotente Silvio Berlusconi, per i suoi comportamenti pubblici e privati, e che poi non ha mai avuto paura di criticare i privilegi, i vitalizzi, le pensioni spropositate della “casta”. Don Sciortino non si scompone, quasi non sorride, perché gli argomenti che tratta sono troppo seri. “Nessuna eresia, anzi, solo l’obbedienza alla parola del Vangelo, che impone la ricerca della verità, senza farsi intimorire”. “Ricordo che il cardinale Tettamanzi, quando venivamo accusati di essere di sinistra per le nostre battaglie, mi dava una pacca sulla spalla e mi diceva che potevamo stare sereni (a quei tempi “stare sereni” voleva dire ancora “stare sereni” ndr.), quando dicevamo che i politici che si dichiarano cristiani lo devono essere nella vita pubblica e nella vita privata, perché non c’è una doppia morale per i potenti”.

Che dire, invece, della famiglia, che in Italia ha un ruolo centrale, anche come ammortizzatore sociale, ed ha a disposizione scarsissime risorse? E poi, fermo restando la sua centralità, perché negare diritto di cittadinanza ad altre forme di famiglia, come avviene un po’ in tutta Europa, anche nella (ex?) cattolicissima Irlanda e negli Usa? Nessuno problema, per don Sciortino,  se ci sono diversi modi di vivere insieme, basta che non si faccia confusione con nomi e concetti, come bel caso del matrimonio, che rimane la forma di unione “naturale”  tra donne e uomini, sancita anche dalla Costituzione (art. 29).

Ma l’argomento che scalda il cuore e accende anche la un po’ la rabbia di don Sciortino è quello dei migranti. Come si fa –chiede e si chiede- a non aprirsi all’accoglienza, non solo per rispetto dei principi evangelici (“bussate e vi sarà aperto”) ma anche –se si vuole- solo per calcolo, visto che i rifugiati, i clandestini, i migranti, che spesso scappano da guerra, violenze e miseria, vengono da noi per lavorare, pagano le tasse e contribuiscono e reggere il sistema delle nostre pensioni?

Prima di chiudere l’intervista, ancora una –doppia- domanda, forse frutto di una visione troppo laica: come vive un cattolico il rapporto “carismatico” (per definizione unto dal signore) con pontefici che hanno caratteristiche tanto diverse? e come vive l’esperienza di questo “strano” papa, a suo modo unico, che viene dalla “fine del mondo”, primo gesuita della storia a salire sul soglio pontificio e primo nella storia prendere il nome di Francesco, il santo che sfiorò l’eresia? Ogni papa –è la risposta di don Sciortino- ha la sua identità, il suo stile, ma tutti si ritrovano nel Vangelo e nell’onda lunga del Concilio. Ma Francesco, soprattutto Francesco, un extracomunitario, dimostra una energia rivoluzionaria quando rinforza quanto dice con l’esempio, con le azioni, con la sua vita di tutti i giorni. Ogni volta che don Sciortino conclude il suo intervento il pubblico applaude, con intensità e frequenza inusuale. L’intervista finisce, ma le domande rimaste nella testa e negli appunti sarebbero state ancora tante: cosa ne pensa della presunta #buonascuola? davvero rassomiglierà ad un azienda? e delle detrazioni previste per chi frequenta una scuola paritaria, nonostante l’art. 33, comma 3, della Costituzione che precisa “…senza oneri per lo stato..”? E ancora, cosa ne pensa don Sciortino, che sulle pagine di Famiglia Cristiana consiglia “prudenza” su questi argomenti, dei “veggenti” e delle “apparizioni” che avvengono con puntualità inquietante a Medjugorie? E alla fine, visto che un “non papista” il giorno prima aveva citato papa Bergoglio sull’importanza di “illuminare le periferie del mondo”, ritiene che Famiglia Cristiana stia facendo un po’ di “servizio pubblico”? Tante domande, ma per le risposte bisognerà aspettare un’altra occasione o forse un altro L.ink.


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