Nabel Rajab, quando un tweet può costare il carcere

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“Attenzione – Alcuni lettori potrebbero trovare le foto pubblicate su questo blog alquanto inquietanti”: l’avviso è lugubre, ma tristemente vicino alla realtà. L’Huffington Post ha deciso di metter in guardia il proprio pubblico sui contenuti e le immagini di “Into Bahrein’s Jaws of Hell”, un articolo dedicato alle violenze subite dagli oltre 2000 detenuti di Jaw, il carcere più duro del Bahrein. L’autore, Nabeel Rajab, è attualmente in attesa di una sentenza definitiva dopo esser stato condannato in primo grado (20 gennaio) a 6 mesi di carcere per aver “insultato” le autorità locali con un tweet. Nonostante l’udienza fosse stata rinviata al 4 maggio, circa una settimana fa (5 aprile) la casa di Rajab è stata accerchiata da 20 auto della polizia. Il giorno stesso è stato portato davanti al giudice con le accuse di istigazione contro il governo, diffamazione e diffusione di notizie false. D’altronde, Nabeel Rajab, non è mai stato un personaggio facile per una monarchia costituzionale caratterizzata da un forte accentramento dei poteri. Rajab è infatti il presidente del Bahrein Center for Human Rights (BCHR), un attivista di fama internazionale, nonché un membro della commissione di vigilanza per il Medio Oriente di Human Rights Watch. Dal 2012 ad oggi, la sua vita si alterna tra il carcere e i domiciliari.

Il pezzo dell’Huffington Post denuncia le condizione disumane cui sono sottoposti i detenuti di Jaw. L’autore descrive dettagli raccapriccianti, supportando le parole con foto che ritraggono corpi tumefatti, risultato di pestaggi e atroci torture.
Nabel Rajab è stato processato per aver espresso liberamente la propria opinione. Articolo21 si associa alla “condanna” di Reporters Sans Frontieres che accusa il governo del Bahrein di “voler mettere a tacere Nabeel Rajab, un dissidente che ha sistematicamente documentato le violazioni dei diritti umani” e si allinea alla richiesta di un immediata liberazione dello stesso, in nome della facoltà di ciascun individuo di poter scrivere, parlare e informarsi senza incorrere in sanzioni o censure di alcun genere.


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