Informazione: serve il coraggio del cambiamento

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Il saluto di Articolo21 ai lavori del XXVII° Congresso della Federazione nazionale della stampa (27-30 gennaio, Chianciano) ha toccato diverse questioni. Innanzitutto, la denuncia del clima di censura e di bavaglio che sta attraversando il mondo dell’informazione. La tragica vicenda di “Caharlie Hebdo” è stato l’esempio più eclatante e doloroso di un umore diffuso, in cui pare “normale” che numerosi cronisti dei teatri di guerra (la “Terza guerra mondiale” di fatto, di cui ha parlato con lungimiranza Papa Francesco) vengano feriti o uccisi; o che i poteri “forti” mettano in causa la libertà di informare. Non è una mera anomalia. Si tratta, piuttosto, di una componente –degenerativa- della crisi democratica, in cui vengono meno equilibri e bilanciamenti, travolti da un avvitamento personalistico delle leadership. E a ciò si aggiunge la violenza terroristica, che non tollera il racconto della verità. Bene ha fatto nella relazione introduttiva Franco Siddi a ricordare le tante manifestazioni per e sulla libertà, a partire da quella straordinaria del 3 ottobre del 2009, o dalle svariate altre occasioni che hanno visto insieme Federazione e Articolo21: contro l’arresto dei giornalisti turchi o del blogger dell’Arabia Saudita, sulla chiusura della televisione pubblica greca. E così via. E, molte volte, su delicati passaggi parlamentari, come le proposte di legge sulle intercettazioni telefoniche o sulla diffamazione a mezzo stampa. Quest’ultima normativa, già oggetto nella passata legislatura di battaglie durissime, è oggi in terza lettura alla Camera dei deputati. Anche in virtù delle nostre critiche si è riaperta la fase emendativa, che almeno parzialmente potrebbe correggere le storture gravi contenute nel testo: dalle modalità della rettifica, all’entità delle pene pecuniarie, al tema tuttora aperto delle querele temerarie, all’approccio rischioso alla disciplina dell’on line. Mentre pericolosamente sta riemergendo -ad opera del centrodestra- la stretta sulle intercettazioni. La battaglia continua. Altro punto cruciale è il prosciugamento del Fondo dell’editoria, che mette le testate interessate (cooperative, religiose, locali, di opinione e politiche) in condizione di portare i libri in tribunale. Se non verranno approvati gli emendamenti depositati al decreto “mille proroghe”.  E’ urgente una vera riforma, che trasformi il Fondo in un riferimento stabile per la libertà di informazione, coperto da risorse stabili, ad esempio con un prelievo sulla doverosa tassazione da imporre ai nuovi ricchi del sistema: da Google ad Amazon. E sui canoni per l’attribuzione delle frequenze televisive, ridotte “a saldo” dagli ultimi provvedimenti dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni non contrastati efficacemente dal governo (vedi l’apposito decreto pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale del 19 gennaio, che chiede un anticipo del 40%…). E già, perché l’universo mediatico sta rapidamente cambiando, con l’emersione dei giganti dell’economia digitale. Ecco, allora, le priorità: net neutralità, privacy, open access, free software, regolazione su basi aggiornate della superata legislazione sul copyright. Qui sta la pertinenza del titolo scelto dal Congresso: multimedialità, crossmedialità, transmedialità. Territorio inedito in cui si ridisegna la stessa professione giornalistica, a patto –però- di immaginare vie di sviluppo. Onde evitare che l’abnorme estensione del precariato- la parte maggioritaria dell’informazione- si risolva in larghe zone di schiavitù intellettuale. E’ la sfida dell’era digitale, aperta ad evoluzioni opposte: partecipazione aumentata grazie alle piattaforme “social” o diminuzione drammatica dello spazio pubblico. Qui sta l’urgenza della riforma della Rai, altro capitolo decisivo. Che fine ha fatto la consultazione annunciata dal sottosegretario Giacomelli? Articolo21 sta per concludere la sua di consultazione, condotta con le scuole. Saremo ascoltati? Via i partiti dalla gestione del servizio pubblico, giustamente si dice con un tormentone. Serve, però, una visione strategica. Prima i contenuti: ecco la lezione che ci viene dall’età digitale. La “mediazione” giornalistica –lo ha ricordato il presidente della Federazione degli editori- non è meno, bensì più rilevante oggi. Ma serve il coraggio del cambiamento.


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