Caro Federico è stato un onore averti come presidente di Articolo21

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Federico Orlando, un altro grande giornalista se ne è andato. La veneranda età non è mai un alibi per morire. Federico ha dimostrato che a ottantacinque anni si può fare ancora del buon giornalismo così come ha fatto per tutta la vita. L’ultimo articolo per Europa – da undici anni il suo giornale fondato insieme a Nino Rizzo Nervo – l’ha scritto i primi giorni di agosto. E’ stato condirettore di Indro Montanelli, prima al Giornale poi alla Voce. Fu tra i cinquanta giornalisti che seguirono Montanelli nella nuova esperienza editoriale dopo il no del direttore di fare del quotidiano milanese l’house organ di Forza Italia. Berlusconi, nel frattempo, era “sceso in campo”. Ho incontrato Federico la prima volta alla Voce, nell’ottobre 1994. Letizia Moratti era diventata presidente della Rai, lì cominciarono i mali del servizio pubblico. Con la sciura milanese iniziò la subalternità della Rai alle tv di Berlusconi, memorabile una sua frase: “La Rai può essere complementare alla Fininvest”.

Roberto Costa, allora a capo della redazione della TgR della Lombardia, diede il via ad una raccolta di firme, consegnata poi al presidente della Repubblica Scalfaro, a difesa della tv pubblica contro quella presidente che ogni giorno che passava creava danni incommensurabili all’azienda. In poco tempo raccogliemmo migliaia di firme, all’interno e all’esterno della Rai. I primi ad aderire all’iniziativa furono: Enzo Biagi, il poeta e critico letterario Franco Fortini, il grande medico Alberto Malliani, Franca Rame e Dario Fo. Fu Orlando a convincere Montanelli: la Voce dedicò grande spazio all’iniziativa, anzi fece di più: pubblicò per intero l’elenco dei firmatari della petizione contro la Moratti. Con il liberaldemocratico Federico, così si definiva (negli anni Settanta era stato simpatizzante del Pli di Malagodi), ci divideva la “sinistra” ma ci univa la libertà e la lotta al regime berlusconiano e alle sue leggi vergogna. Fu tra i primi a condannare l’editto bulgaro. Insieme a Beppe Giulietti, Tommaso Fulfaro, Stefano Corradino, Giorgio Santelli e tanti altri, fondò l’associazione Articolo21 liberi di, diventandone il presidente. Da allora siamo rimasti sempre in contatto. Qualche volta siamo stati anche in disaccordo su certe decisioni. Mi considerava un po’ troppo “movimentist”a, la frase ricorrente era: “porta pazienza”. Federico è stato un grande gentleman, io no. Lo ammetto pubblicamente: qualche volta avrei anche usato le mani contro i cani da guardia berlusconiani e i servi striscianti presenti in Rai. Le sue parole, alla fine, erano molto più efficaci dei miei, per fortuna, solo cattivi pensieri.

Ricordo una notte romana insieme a camminare, una lunga chiacchierata sul significato del Risorgimento e sull’insegnamento liberale di Benedetto Croce, per lui sempre di moda. Federico non era solo un giornalista, un bravo giornalista, era un uomo di grande cultura e lo si intuiva dal modo di scrivere, dalla composizione delle sue frasi, intinte di riferimenti, di aneddoti. La stima reciproca non è mai mancata. Alcune volte ho avuto l’onore di sostituirlo, in rappresentanza dell’associazione, in incontri pubblici ai quali era impossibilitato a partecipare per motivi di salute. Rileggendo ancora il suo ultimo articolo, quello scritto il 5 agosto, mi fa pensare che sarebbe stato motivo di discussione, quando scrive: “Ci piace Renzi quando per una volta dà contenuto immediato alle sue parole, e chiama alla ripartizione delle responsabilità e alla resa dei conti”. Purtroppo, c’è chi ha deciso che questo nostro confronto non ci dovrà mai essere. Caro Federico è stato un onore averti come presidente di Articolo21.


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