Federico Orlando, quell’entusiasmo che raramente ho visto nei giovani giornalisti

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Ho conosciuto Federico dodici anni fa.Ci incontrammo una mattina di settembre per un caffè in un bar di via Veneto. Ricordo che ero intimidito: chiedere al primo collaboratore di Indro Montanelli la disponibilità a vivere l’avventura di un nuovo piccolo giornale, Europa, mi creava molto imbarazzo. Gli dissi che la sua presenza sarebbe stata essenziale per garantire al giornale autonomia e indipendenza, obiettivo difficile da realizzare, forse anche un po’ folle, visto che parlavamo di un giornale di partito (la Margherita). Con mia sorpresa accettò con l’entusiasmo che raramente ho visto nei giovani giornalisti nel loro primo giorno di lavoro. Gli piacque la squadra: Francesco Garofani, che aveva diretto il Popolo, Stefano Menichini, che era stato caporedattore al Manifesto e io che venivo dalla Rai e da La7. Esperienze professionali e culturali così diverse che, mi confessò molto tempo dopo, avevano bisogno per potere lavorare assieme di un liberale impenitente come lui. Dalla settimana successiva ci vedemmo tutte le mattine insieme a Stefano e Francesco in via Ripetta per progettare il giornale tra la polvere e i rumori degli operai che stavano allestendo i nuovi uffici. Credo che Europa e tutti coloro che in quelle stanze hanno lavorato gli debbano molto. Non è retorica ma era per tutti un esempio, di rigore professionale, di competenza, di coerenza, di lealtà. Ciao Federico.


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