La strage del mediterraneo e i corridoi umanitari che l’Europa ha il dovere di aprire

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Non è stato un naufragio stavolta. Morti per asfissia, o annegamento. Morti a bordo del barcone che li stava trasportando verso la Sicilia, verso l’Europa. Trenta corpi stipati in spazi angusti dentro il barcone, zona prodiera dice il comunicato della Marina militare, a prua. I medici della nave Grecale hanno rinunciato ad estrarli quei corpi, spazi troppo stretti hanno detto. La bara di ferro è in viaggio verso Pozzallo mentre scriviamo. Il sindaco ha già detto che non sanno dove metterli, che hanno solo due celle frigo già occupate.
Nel 2011 a Lampedusa successe una cosa molto simile. Un giorno di agosto arrivò una barca di ferro. Nella stiva c’erano 25 cadaveri di donne, uomini, bambini. Morti per asfissia si disse subito, ma dopo un controllo attento di quei corpi si scoprirono i segni di un pestaggio. Volevano uscire dalla stiva ed erano stati respinti a bastonate. Costretti a restare li sotto e a morire soffocati per mancanza d’aria, per le esalazioni del motore. Morti per asfissia. Anche stavolta. Forse scopriremo di nuovo segni di violenze, o forse no. Ma è poco importante, perché l’orrore è già sufficiente.
I racconti dei sopravvissuti ai viaggi nel mediterraneo ci dicono che le tariffe sono diversificate. Che il salvagente ha un costo extra come il cibo; che il viaggio ha un prezzo che cambia a seconda di dove ti sistemi: vicino al motore o nella stiva può costare di meno. La differenza tra la vita e la morte, come in questo caso.
Come nel caso del naufragio di Lampedusa il 3 ottobre, quando il barcone si è rovesciato e i soli a salvarsi sono stati quelli che erano sul ponte.
Altre volte è successo in questi mesi di Mare nostrum. Morti di stenti, di asfissia. Corpi senza vita trovati a bordo dei barconi oppure morti dopo il trasbordo sulle navi militari.
Casi singoli per lo più che non hanno mai fatto troppo rumore, che hanno trovato spazio tra le brevi di cronaca, nascosti dall’orrore ormai ricorrente dei naufragi, che si ripetono nonostante Mare nostrum.
Il 3 ottobre i 368 morti hanno avuto la cittadinanza onoraria. I vivi hanno faticato a lungo ad andare via dal nostro paese che non aveva voluto e saputo accoglierli dignitosamente, che aveva organizzato un funerale invitando l’ambasciatore Eritreo, rappresentante del governo dal quale quei 368 morti stavano scappando e lasciando a Lampedusa i 156 sopravvissuti e che ora continua a celebrare il governo Eritreo, reggente di una dittatura sanguinaria, in una festa grottesca organizzata a Bologna.
La cittadinanza onoraria per i morti del mediterraneo è un paradosso e Mare nostrum, nonostante i numeri altissimi di persone salvate dal mare, non basta. Questa bara di ferro che porta quei trenta corpi morti di asfissia dimostra che la sola cosa sensata che l’occidente può fare è contribuire all’apertura di corridoi umanitari controllati. Per evitare che chi scappa da guerra e persecuzione muoia di stenti nel deserto del Sahara o muoia annegato o asfissiato nel mar mediterraneo.

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