“Riportare in video l’inchiesta e i temi oscurati”. La lezione di Tv7 al suo cinquantenario. La Rai dedichi prima serata

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Vogliamo ringraziare pubblicamente i curatori e gli animatori delle “Voci dell’inchiesta”, lo straordinario festival di Pordenone, promosso da Cinema zero, e che riunisce quanti tentano di andare oltre il muro dei silenzi, delle omissioni e delle rimozioni. Ogni anno riuniscono donne e uomini provenienti da ogni parte del mondo e che raccontano le loro esperienze, che si confrontano tra di loro e con i loro lettori, senza filtri, ma anche senza concessione alcuna alla sciatteria, alla volgarità, alla superficialità di tante piazze televisive e non solo.

Non a caso questa iniziativa é dedicata alle “Voci della inchiesta”, un genere sempre meno frequentato perché richiede fatica, coraggio, capacità di interrogare le fonti e di non nascondersi dietro domande prefabbricate e risposte già concordate. In questa occasione il curatore, professor Marco Rossitti, ha voluto puntare l’attenzione su Tv7, lo straordinario settimanale che cambiò il rapporto tra la tv di Stato e il suo pubblico.

Per la prima volta si parlava di Vietnam, di guerra, di morti sul lavoro, di omosessualità, di disastri ambientali, e la parola veniva data anche ai protagonisti, ai cittadini, a quelli che stavano fuori dal Palazzo, per usare la metafora pasoliniana.
Sicuramente quell’esperimento fu anche usato dalla DC dell’epoca come un fiore all’occhiello che avrebbe dovuto tacitare chi, giustamente, denunciava il ferreo controllo politico esercitato dal partito dominante sulla intera tv pubblica, tuttavia quella esperienza aprì un varco che neppure il censore riuscì più a chiudere definitivamente.

A Pordenone hanno messo insieme Sergio Zavoli, Furio Colombo, Emilio Ravel, Nino Criscenti, per citarne solo alcuni, che di, quella stagione, furono i protagonisti. La cosa sorprendente é che ad ascoltarli, a vedere i loro servizi di allora, ad entusiasmarsi, siano stati anche e soprattutto giovani e giovanissimi che mai avevano avuto modo di conoscere quella esperienza, di ascoltare quelle voci, di apprezzare una cultura, uno stile, un linguaggio, un rigore etico e professionale.

Non era un applauso alla memoria, ma un auspicio per il futuro, un desiderio di tornare a vedere e ad ascoltare ” Le voci dell’Inchiesta”, ovviamente mutate nei modi, nelle tecniche, nei linguaggi,ma con la stessa tensione etica e professionale di quella stagione.
Sul palco, con i protagonisti di Tv 7, c’era Riccardo Iacona che con il suo programma ” Presa Diretta”, é uscito dalle piazze televisive per incontrare le piazze reali,quelle dove si colgono, volendo ascoltare, gli umori e gli odori che travagliano una comunità, ed, infatti, Furio Colombo lo ha indicato come uno dei pochi eredi di quella stagione.

Quella di Pordenone é stata una salutare lezione anche per Articolo 21 che ha deciso di aprire una vera e propria campagna per riportare le inchieste in Tv, per riaccendere i riflettori sugli invisibili, sui temi e i soggetti sociali oscurati o cancellati del tutto, su quella maggioranza di cittadini che non ha neppure la possibilità di rifiutare una domanda di un cronista per la semplice ragione che non gli sarà mai rivolta.
Dopo aver visto, con quanta attenzione e con quanta partecipazione , i cittadini di Pordenone stiano seguendo le Le Voci dell’inchiesta e la riproposizione dei servizi di Tv7, ci permettiamo di chiedere alla Rai se non ritenga, in occasione del cinquantenario della trasmissione, di organizzare una prima serata dedicata alla storia di un settimanale che hai segnato non solo la storia del servizio pubblico, ma anche quella nazionale.

Non sarebbe una serata nostalgia, perché rivedendo le prime inchieste dedicate alla corruzione, al lavoro, alle vite precarie, alle morti sul lavoro, ai disastri ambientali, potremmo persino capire meglio le ragioni dell’attuale disastro etico, sociale, politico. Dimenticavamo di aggiungere che tv 7 dovette chiudere nel 1971 dopo la messa in onda di un programma di Sergio Zavoli “Un codice da rifare” dedicato alla necessità di superare i codici dell’epoca fascista. Quella volta il “gentile e censore” perse le staffe e quella esperienza fu soffocata, a conferma del filo nero che lega il passato al presente, ma forse proprio questa é la ragione per la quale si vorrebbe spezzare anche il filo della memoria.


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