A che servono le proposte dei saggi

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Le proposte dei dieci saggi nominati da Giorgio Napolitano per preparare, o favorire la formazione di un nuovo governo (è l’interpretazione più favorevole all’iniziativa del presidente – visto che altri, a destra come a sinistra – avrebbero preferito che si dimettesse prima del tempo e lasciasse al  successore il compito di formare l’atteso governo post-elettorale) sono in parte ragionevoli e in altra parte utopistiche.

E’ ragionevole, e auspicabile, che si cambi al più presto la legge elettorale di Calderoli che è il peggio possibile per un paese democratico e finalmente, sia pure con grave ritardo, anche la Corte Costituzionale con il suo presidente Gallo ha detto che è un compito urgente e necessario.

E’ altrettanto ragionevole che in un paese in cui dominano ancora i partiti populisti e personali in ogni parte dello schieramento politico si vada al mantenimento della repubblica democratica, diminuendo il numero dei parlamentari: 480 alla Camera e 120 al Senato. L’approvazione di una riforma semipresidenziale avrebbe favorito le esigenze di quelle forze politiche, e sono varie, che pongono i poteri e le speranze delle loro battaglie in un uomo solo al comando che abbiamo già visto negli anni scorsi accentua i difetti del nostro popolo e fa finir male anche lunghe avventure politiche. Il senatore Quagliariello intervistato dal TG3 ha scambiato il ragionevole aumento di poteri attribuito nelle proposte al presidente del Consiglio con una riforma semipresidenziale ma, leggendo le proposte dei saggi, si scopre oggi che ha scambiato i desideri del centro-destra per i risultati del lavoro già fatto.

Certo bisogna aggiungere subito che il no al doppio turno elettorale,  decretato ancora una volta nei giorni scorsi, auspicando invece una maggiore democrazia interna nei partiti deve misurarsi ormai con una prassi di scarsa democrazia interna  che ha attraversato gran parte del settantennio repubblicano. Così proposta rischia di risolversi in un auspicio che non potrà realizzarsi proprio ora che i partiti sono soprattutto comitati elettorali per un leader piuttosto che organismi abituati  a discutere e a scegliere dal basso quelli che dovranno rappresentare la forza politica.

In questo senso mi sembra più realistico, anche se difficile da realizzarsi il promemoria elaborato dal ministro Fabrizio Barca per un rinnovamento profondo del Partito democratico. Mi convince la sua opzione di sottolineare non soltanto il no necessario alle larghe intese con il centro-destra ma anche l’opzione nettamente di sinistra in un partito che è fondamentale per il governo e per il futuro del centro-sinistra.

Infine – e mi fermo qui di fronte a proposte che sarà il nuovo presidente della repubblica a valutare e a utilizzare, se crederà, per la formazione del nuovo governo – sono del tutto d’accordo con le proposte dei saggi per la lotta a una burocratizzazione dello Stato che è ancora cresciuta negli ultimi decenni piuttosto che diminuire e per la centralità della lotta per l’occupazione e la lotta alla povertà in un momento in cui la crisi economica continua a penalizzare soprattutto i giovani e quelli di media età disoccupati.

Insomma, qualcosa di buono e di utile c’è sicuramente nel lavoro dei saggi.C’è da sperare che diventi capo dello Stato un uomo (o una donna) in grado di tenerne conto e di non buttarlo via come forse  farebbe qualcuno della vecchia classe dirigente del nostro paese. Ora non c’è più molto da aspettare e staremo a vedere se la repubblica fa un salto in avanti o torna ancora una volta indietro.


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