Le strutture “leggere”

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Dopo il risultato delle recenti elezioni molti commentatori hanno espresso le più diverse considerazioni sulle ragioni della crisi della politica nel nostro paese. Esasperazione, qualunquismo, incapacità di comprendere i problemi e molto altro é stato detto. In realtà i guai di oggi sono frutto di una storia più lunga di quella che in genere consideriamo. Senza stare ad evocare le ataviche approssimazioni del popolo italico, così ben descritte da Guicciardini, e il ruolo non certo positivo sulla nostra società esercitato storicamente dalla chiesa di Roma, il disordine da noi é stato sempre di casa. Quando é sembrato, nelle varie rotture storiche, che tutto dovesse mutare al meglio siamo ricascati come e peggio di prima. Così dopo il Risorgimento, dopo la prima guerra mondiale, dopo il fascismo, infine, dopo la caduta dei blocchi. C’è dunque una sorta di inconsistenza genetica dell’italiano al senso civico inevitabilmente trasferita anche alla politica? La risposta è ovviamente no, anche se c’è da interrogarsi come sia possibile che tutte le volte che si presentano gli ingredienti per un radicale cambiamento ciò non avviene. Per dirla con Marx, capita sempre che dopo la tragedia ci sia la farsa. Per colpa di chi allora? Sul punto restano sempre vivissime le parole di Guido D’Orso che nel suo libro ”La Rivoluzione Meridionale” dice, a proposito del sud, che pur essendoci state tutte le condizioni per una rivoluzione questa non é mai avvenuta per l’inconsistenza delle sue classi dirigenti. Quindi non il popolo, ma la sua classe dirigente è colpevole. Ora è evidente che non si può generalizzare. Ci sono state figure dotate di una rigorosa visione etica e al contempo proiettate nella modernità, ma queste hanno sempre avuto vita difficile. Il caso paradigmatico é quello degli uomini del partito d’azione, fagocitati nello scontro ideologico della sinistra e poi emarginati dalla crisi della laicità dello Stato. E fa un pò specie che i vari gerenti del PD non abbiano mai sentito il bisogno di rivolgere un’attenzione a quella esperienza (un spiegazione in realtà c’é: nel vecchio partito comunista, di cui essi costituiscono l’ultima generazione, erano guai se parlavi dei riformisti). Poi è arrivato Berlusconi o meglio la pialla televisiva. Tutto il sistema valoriale, già claudicante, é sprofondato. Ad esso non si é contrapposta una rigorosa contrarietà e siamo ai nostri giorni. La crisi economica, l’illusione dei tecnici di ventura, gli scandali trasversali, un’Europa aliena dai suoi cittadini. Il tutto condito dall’assenza di percezione sulle opportunità offerte alla democrazia dallo sviluppo delle tecnologie (internet in particolare). Sconquasso, rabbia e ancora una volta farsa. E arriva Grillo che ne dice alcune giuste ma sostanzialmente è il semicapo (l’altro è il più dotato Casaleggio) di un credo in cui dall’alto si indottrinano i fedeli. Lucidi più dei presuntosi avversari della sinistra hanno capito l’estensione della rabbia e il valore del mezzo (la rete). Hanno travolto le baldanzose truppe del PD mentre il vecchio venditore, invadendo le TV, piazzava il suo solito prodotto. E adesso? Bé adesso facciamo un patto con uno che di patti per struttura ideale non ne vuol sapere. Geniale! Casaleggio da anni predica l’antisistema (salvo poi a starci pienamente per i suoi interessi) e dunque basterebbe leggere le sue più antiche dichiarazioni per capire. L’altro, Berlusconi per intenderci, prova a fare il de Gaulle e dice parole alte per farci transitare in chi sa quale repubblica (forse quella delle banane). E le classi dirigenti che dovrebbero opporsi cosa fanno? Si mostrano per quello che, come sopra detto, sono sempre state: inadeguate. D’altra parte che ti puoi aspettare da gente che durante la campagna elettorale diceva:” noi partecipiamo per vincere non ci interessa semplicemente partecipare”. Bravi, e voi sareste il nuovo che avanza? Il governo tanto per il governo é una follia. Sono l’esempio, i principi, la visione di una società che devi portare avanti e poi, se ci riesci, governi. Ora si dice, riformiamo la politica, i suoi costi. Bene un primo passo costa poco ed è rapido, si chiama dimissioni. Senza di quelle qualunque proposta non è credibile. Dimissioni, più una chiara visione ideale, più una modernità di metodo e, se te la fanno fare, una legge elettorale decente e vai subito a votare. Pochi ingredienti per recuperare un consenso altrimenti inesorabilmente perduto. Passare cioè da una struttura di comando leggera ad una che gode di reputazione, nel comportamento e nei principi. Poi il resto viene e non ci sarà Grillo che tenga.


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