Riforma elettorale e servizio pubblico

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“La democrazia è il peggiore dei regimi politici, se si escludono tutti gli altri. (Winston Churchill)“. La brillante battuta di uno tra i piu celebri Primi Ministri della storia moderna è utile a spiegare le difficoltà che i sistemi democratici vivono costantemente nella costruzione, piu o meno riuscita, di un equilibrio tra esigenze di buon governo e ricerca del consenso popolare a breve termine.
Il raggiungimento di questo equilibrio è quanto di piu vicino ad una democrazia perfetta, in cui tutti gli elementi del sistema sono funzionali al meccanismo ed in cui anche la “forma” attraverso cui si esprime la rappresentanza assume significati e conseguenze rilevanti.
Per quanto concerne l’attualità politica la scelta di una buona legge elettorale che restituisca il potere agli elettori, che consenta una effettiva alternanza tra le élite di governo riproponendo l’idea di una democrazia competitiva fondata sulla volontà popolare prevalente sugli interessi di partito, è a mio avviso un’esigenza prioritaria.

Questa necessità, in realtà, la condividono insieme a me – e da mesi – tutti i leader dei partiti dell’arco costituzionale, impegnati dal post referendum elettorale dello scorso gennaio a manifestare la massima unità d’intenti per cambiare il Porcellum, una legge malfatta e per di più chiaramente superata dal giudizio inappellabile e maggioritario degli elettori.  A distanza di lungo tempo, la proposta di legge ad oggi in Parlamento non si vede ancora e, malgrado le ripetute sollecitazioni del Presidente della Repubblica, nonostante l’impegno dei Presidenti delle Camera, resta imbrigliata tra veti incrociati e rimpallata tra i niet dell’uno e dell’altro partito, di scadenza in scadenza, nel più classico degli scaricabarile.

Questa insopportabile tendenza a disattendere gli impegni e le promesse, questo continuo rimandare ad libitum un’intesa indispensabile ed urgente per un buon sistema democratico mi ha portato ad intraprendere un’iniziativa non violenta, come il digiuno che conduco ormai da ventisette giorni, affinchè il dibattito esca dalle stanze dei partiti ed arrivi in Senato con una proposta su cui confrontarsi.
Questa, in estrema sintesi, la cronistoria della vicenda.

Ma i cittadini? Cosa sanno i cittadini di quello che accade ormai da sette mesi, sette, su questo tema?
E’ proprio qui che entra in ballo la responsabilità dell’informazione e il ruolo di un Servizio Pubblico realmente “di servizio”, pur accanto a tutte le defaillances del dibattito politico che, per i contenuti e la forma in cui si è svolto, certamente non ha reso merito all’importanza dell’argomento cosi come non ha aiutato nessuno nella comprensione dei reali ostacoli per ottenere una convergenza finale.

Tutto ciò a mio avviso nulla toglie, però, alla missione dell’informazione pubblica, di una Rai dunque che, limitandosi al classico pastone del Tg in un rapido copia e incolla del balletto di dichiarazioni dei leader, dimostra di sottovalutare a voler essere buoni l’importanza di un tema su cui per ben tre volte il Presidente Napolitano si è espresso con durezza, richiamando i partiti a non tradire gli impegni e a non offuscare ulteriormente una credibilità gia fortemente appannata.

I principali talk show del servizio pubblico, da Porta a Porta a Ballarò, hanno chiuso i battenti, è vero; e tuttavia è proprio impensabile ipotizzare uno speciale, magari realizzato dalla squadra di Rai Parlamento, che aiuti i cittadini a seguire il filo della vicenda, entrando nel merito delle varie posizioni politiche, analizzando i pro ed i contro di ciascuna di esse e permettendo dunque a tutti di formarsi un’idea sulle ragioni che hanno portato a  questo stallo?

La qualità dell’informazione è ancora un principio ispiratore per la televisione pubblica oppure il cittadino che vuole capire deve affidarsi a quotidiani ed internet per saperne di più?
Sono domande legittime, a mio avviso, di fronte ad un’informazione che “chiude per ferie” mentre in ferie molti italiani non andranno cosi come non va in vacanza il dibattito politico.  Sul tema specifico della riforma elettorale un’ informazione di sola cronaca, spesso sciatta come sciatte sono alcune dichiarazioni di alcuni capi di partito, non va al di là del collage di “ciò che è detto” e trascura le ragioni delle cose, tiene forse la contabilità confusa dei sì o dei no lanciati sul tavolo ma non arriva mai a spiegare a tutti con chiarezza il contenuto ed il significato – che pure ci sono – delle divergenze e dei punti di contatto tra le parti.

In linea generale mi auguro fortemente che la nuova dirigenza appena eletta riporti in primo piano l’esigenza di trasmettere approfondimenti politici di carattere sostanzialmente esplicativo, oserei dire quasi pedagogico, evitando allo spettatore quella sensazione ricorrente di uscire dai salotti del prime time con le idee ancora piu confuse di prima.
Rimettere al centro dei propri palinsesti argomenti spinosi e complessi e saperli trattare con cura rendendoli intellegibili a tutti, fornire gli strumenti di comprensione per temi che investono l’interesse generale, e la riforma elettorale è tra questi, dovrebbero essere tutti obiettivi primari di un’azienda che fa pubblica informazione.

Perché alla fine, anche se la concorrenza con la Rete e con i social networks come vettori di conoscenza si fa sempre più agguerrita, la televisione – e quella di Stato in primis – resta ancora il principale canale attraverso cui l’opinione pubblica matura le proprie idee e scelte politiche ed è su questa base che la responsabilità del prodotto offerto deve tornare ad essere principio cardine di un servizio che sia autenticamente pubblico.


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