A chi conviene l’attacco al Colle

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Sarà motivo d’orgoglio per magistrati e giornalisti, pochi ma rumorosi, esser passati dalle intercettazioni di palazzo Grazioli e di Arcore con bunga bunga e nipotine di Mubarak, a quelle del Quirinale e della Cassazione con ex ministri dell’interno e collusioni stato-mafia. Il top della promozione intellettuale e politica. Per festeggiarla, la bouvette è a conto dello stato. Lo stato che giuristi democratici e magistratura democratica, fin dal 1964, nascendo come associazioni, volevano costruire secondo la Costituzione, rimasta per quasi vent’anni inerte. E’ una bouvette affollata, ricordava ieri Europa nell’editoriale, di tutti nemici del capo dello stato, desiderosi di liberarsi di un scomodo moderatore, che guasta l’orgia collettiva e il suo orgasmo.

Spiace scriverlo anche a noi che, zelatori dello stato e desiderosi o sognatori di una sua quasi religiosa purezza, si trovano nei confronti di alcune frange di procure, come Palermo, nello stesso spirito in cui non pochi cristiani debbono trovarsi guardando i corvi che svolazzano nella loro chiesa e perfino su San Pietro. Perciò siamo usciti dall’incubo di una possibile stanchezza o rassegnazione del presidente solo ieri, quando ha interrotto il suo silenzio denunciando la campagna di insinuazioni e sospetti nei suoi confronti “costruita sul nulla”; dilagata su alcuni quotidiani, che ad essa partecipano o per livori personali o per fanatismi da pereat mundus fiat justitia o, peggio di tutto, fautori di uno sfacelo di questo stato, dei suoi equilibri costituzionali, della sua originaria vocazione europea. Cosa di meglio, per gli squali della finanza e dell’industria da sempre protetta e protezionista, che sfasciare l’euro, tornare alla lira, al Mec, all’ area di libero scambio, dove l’industria inetta e acefala ha sempre esportato a botta di inflazioni: che, come dice Berlusconi, non lo hanno mai disturbato. (E vorrei vedere. Ci pensi la nostra amica, signora Merkel, oggi a Roma, e cerchi di conciliare al meglio il suo rigorismo evangelico coi compromessi necessari alla convivenza di tutti: controllando, senza fare la guerra, le boiate di tutti, compreso quel genio che i nostri imprenditori hanno eletto per la Confindustria).

Napolitano ci garantisce che continuerà a operare “com’è mio dovere e mia prerogativa”.  Glie ne siamo grati, sapendo che il suo impegno per l’Italia e gli italiani è tuttavia ostacolato da quanti, compresi magistrati d’assalto e giuristi inaciditi, prima dilatano le proprie prerogative e poi adeguano ad esse i loro poteri. Non era questa, a parte alcune successive degenerazioni, la volontà con la quale or è mezzo secolo Magistratura democratica prese, per la sua parte, a edificare lo stato repubblicano sulla base della sua Costituzione: dalla quale attinse, anche con gli errori umani e i conseguenti scontri politici, i nuovi criteri d’interpretazione delle leggi. Primo, fra tutti, l’uguaglianza dei cittadini come fine dello stato:  che pertanto rimuove gli ostacoli che vi si frappongono. E’ l’articolo 3 della Carta. L’indipendenza della magistratura diventa così la nuova frontiera, anzi tout court la frontiera che mai essa aveva nemmeno immaginato. Sia nel regno liberale, sia nel fascismo, sia nella democrazia repubblicana, il magistrato non era mai stato indipendente ma sempre parte organica del potere. E perciò omogenea era la cultura giuridica, che i suoi comportamenti e pronunciamenti insieme alla dottrina affermavano nel paese.

Il momento scelto da Md (ma non si può scegliere il momento per nascere) non era il più tranquillo per un simile salto, tra guerra fredda all’esterno e imminente scoppi della contestazione interna. Ricordiamo uomini parole sentente di quei decenni, il conflitto nelle istituzioni, la cultura alternativa. Ma non c’erano atteggiamenti sfascisti,  la magistratura democratica era la punta di una democrazia meno comoda e più forte. Con una giustizia non più organica ai governi e ai gruppi dominanti, ma a servizio della comunità e soggetta “solo alla legge”. Oggi siamo oltre gli episodi-limite ai quali s’era spinta qualche iniziativa di Mani Pulite. Oggi l’attacco non è più a poteri dello stato inerti o travalicanti, ma agli organi di garanzia e moderazione, vertice delle istituzioni. Dopo non c’è altro da scalare, ma l’abisso del non-stato, nel quale farci inghiottire  tutti. L’anarchia dei “secoli bui”.         Che la auspichino i “forti” lo si può capire, nel buio ingrassano. Che la esaltino i comici in attesa dell’applauso è regola del mestiere (ma siccome i comici spesso sono intelligenti, ecco Grillo mettere il silenziatore all’uscita dall’euro e ai dileggi indiscriminati, da quando ha capito che questo è cibo per gli squali, non per la sterminata platea affamata di sicurezza). Ma che la pratichino i magistrati in nome di un calvinismo infradiciato dalle temperature mediterranee, non è né comprensibile né accettabile. E siccome noi non siamo anarchici ma cittadini orgogliosi degli oneri della cittadinanza, così non ci resta che lottare perché la”platea” sia convinta attraverso la ragione e gli esempi, e i magistrati d’assalto tornino alla loro regola: quella di lavorare non contro ma per lo stato della Costituzione, senza appropriazioni indebite.


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