Attentato Adinolfi. C’è da temere un ritorno del terrorismo?

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L’attentato terroristico a Marassi, periferia di Genova, contro Roberto Adinolfi ( 59 anni e laurea in ingegneria presso il Politecnico di Milano) amministratore delegato di Ansaldo Nucleare che è parte di Ansaldo Energia, che in questi anni -dopo il referendum italiano contro il nucleare- si è dedicato essenzialmente a costruire reattori nucleari in Cina, Romania, Argentina, Ucraina e Francia, ma anche a smaltire scorie radioattive (per cui in Italia non esiste ancora un piano generale, malgrado i pericoli che questo provoca), è grave da più punti di vista.

Innanzi tutto perché si tratta di un’impresa che fattura oggi 1,2 miliardi di euro l’anno e anche quest’anno ha prodotto un utile di 124 milioni di euro con 250 dipendenti per i quali non è previsto alcun licenziamento.
In secondo luogo perché si verifica in una situazione di profonda crisi politica, economica e morale delle classi dirigenti italiane e queste non mostrano a tutt’oggi di voler mutare i propri comportamenti, dal punto di vista politico e parlamentare.

La crisi che il paese sta attraversando presenta forti analogie con quella economica ed energetica dei primi anni settanta, sebbene in quel periodo incombesse la guerra fredda.
Che significato hanno oggi in un paese profondamente piegato dalla crisi, incerto di fronte all’evolversi della situazione internazionale e delle non lontane scadenze elettorali, episodi di terrorismo che riportano con la memoria (almeno delle generazioni meno giovani) all’alba di movimenti terroristici che, per quindici anni, hanno percorso l’Italia generando lutti pesanti?

Il  ricordo è ancora vivo oggi , a giudicare dai  libri che continuano a uscire (come quello di Pino Casamassima, appena pubblicato da Laterza e dedicato ai duecento “irriducibili” che ancora popolano le nostre carceri) e si può immaginare che ci attenda una nuova, terribile stagione di questo genere di qui a poco tempo?

O anche che siano soltanto sparuti gruppi anarchici a preparare simili attentati che colpiscono ancora una volta, come era avvenuto negli anni settanta, tecnici preparati e inoffensivi che lavorano per l’industria o per lo Stato?
Se questa fosse la prospettiva ci sarebbe davvero da preoccuparsi e da pensare a una forte azione educativa sul piano scolastico ed universitario che purtroppo manca ancora in Italia. Ora sempre di più i protagonisti di quella lontana lotta ai terroristi come ad esempio il giudice Gian Carlo Caselli, che a Torino lottò apertamente contro le Brigate Rosse e Prima Linea, ha detto con chiarezza che noi vincemmo quel duro e luttuoso confronto, soprattutto sul piano politico e culturale piuttosto che su quello militare, ed è lo stesso discorso che io faccio da molti anni a proposito della lotta non ancora vinta ( neppure lontanamente), contro le associazioni mafiose.

Ma quando lo capiranno queste nostre classi politiche e dirigenti?
Mi dispiace ma allo stato dei fatti non riesco ad essere su questo piano ottimista.


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