Domani (martedì 4 novembre) alle 11.30 in Commissione Antimafia si svolgerà l’audizione di Sigfrido Ranucci, in seguito all’attentato nei suoi confronti. Una bomba che avrebbe potuto uccidere, e comunque una gravissima forma di minaccia e intimidazione. Con i metodi classici della criminalità organizzata: sia mafiosa, sia terroristica, sia legata all’estremismo nero. Come PD abbiamo chiesto da subito l’audizione del conduttore di Report, che già nella scorsa legislatura era stato audito, dopo le reiterate minacce di morte, riferite addirittura da ambienti interni alle carceri. Da parte di diversi clan mafiosi.
Per le diverse inchieste, a volte in seguito a quelle inchieste, che Report aveva condotto, aprendo squarci, facendo luce su tante vicende che hanno insanguinato la storia d’Italia e che ancora oggi dominano la scena criminale. Narcotraffico, traffico di armi, corruzione, appalti, eolico, stragi degli anni Novanta – Via D’Amelio compresa – e connessioni tra mafie e politica di quel tempo ( le cui diramazioni sono ancora vive e vegete).
L’audizione è molto importante per capire, dentro le competenze della Commissione Antimafia, il punto di vista, le informazioni a disposizione di un conduttore in trincea con il suo lavoro, e per come contrastare la criminalità mafiosa sul versante tipico da “sasso in bocca” che questa usa: in questo caso silenziare chi aiuta i cittadini a essere correttamente informati.
A parte l’audizione di martedì, tutti nelle scorse settimane abbiamo preso atto, favorevolmente, della solidarietà unanime che ha circondato Ranucci e la squadra di Report dopo l’attentato.
Ma abbiamo anche chiesto coerenza senza ipocrisie. Una su tutte: se si vuole davvero tutelare il giornalismo d’inchiesta, si faccia subito una norma seria contro le querele temerarie. Ci sono leggi giacenti. Anche firmate da noi. Che hanno conosciuto audizioni, emendamenti. Alcuni anche allucinanti, va detto, tesi ad inasprire le sanzioni contro i giornalisti condannati per diffamazione. L’esatto contrario di quello che servirebbe. Ci sono direttive europee da recepire. Lo si faccia, anche per evitare sanzioni che arriveranno. Abbiamo chiesto di sbloccare l’iter. E insisteremo.
Non tira una buona aria. Lo si è visto nelle scorse ore, quando si è cercato addirittura di non mandare in onda i servizi della puntata di domenica sera dedicata a quel campione delle regole e dell’imparzialità Ghiglia, che più che Garante della privacy sembra muoversi come garante di se stesso e dei suoi traffici politici con Fratelli d’Italia. Sono stati fermati, e la puntata è andata in onda. Ma ci riproveranno. Per questo nessuno può abbassare la guardia. Sapendo che in ballo non c’è il destino di singole persone, pure importante, ma quello di una cosa che si chiama libertà di informazione.
