Un chilo di esplosivo ha distrutto le auto del giornalista Sigfrido Ranucci e di sua figlia, parcheggiate sotto casa. Un gesto vile e inquietante, che va ben oltre il semplice atto intimidatorio: è un attentato alla libertà di informazione, un attacco diretto a un giornalista “a schiena dritta”, da anni impegnato con Report in inchieste scomode sugli intrecci tra politica, affari e criminalità.
È un fatto gravissimo, che non può essere derubricato a semplice cronaca nera. Non basta la solidarietà di rito: servono azioni concrete. Serve uno Stato che sappia proteggere chi fa informazione, che stia accanto ai giornalisti minacciati e intimiditi, che rafforzi – e non smantelli – le scorte di chi vive sotto tutela.
Occorrono anche leggi più efficaci contro le querele temerarie, troppo spesso usate come strumento di pressione e censura preventiva.
Non è un caso se l’Italia è scesa al 49° posto nella classifica mondiale della libertà di stampa, perdendo tre posizioni in un solo anno. Un segnale preoccupante, che racconta di un Paese in cui chi cerca la verità viene lasciato sempre più solo.
Difendere Sigfrido Ranucci significa difendere il diritto di tutti a essere informati.
