Paola Chiesa (FdI) celebra Balbo: l’immagine è del Berghof, accanto a Hitler

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Nel post della deputata compare un ritratto del gerarca fascista. Ma la foto, ritagliata, è tratta dallo storico incontro del 1938 con Hitler nella residenza alpina del Führer. Un dettaglio che racconta molto più di quanto mostra.
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Il 30 giugno, in occasione dell’anniversario della morte di Italo Balbo, la deputata Paola Chiesa ha pubblicato sui suoi profili social un’immagine celebrativa del gerarca fascista. Fin qui nulla di nuovo, anzi: per Chiesa, Balbo è una figura eroica da omaggiare regolarmente, uno degli idoli del pantheon neofascista di Fratelli d’Italia. Ma c’è un dettaglio che rende questo episodio particolarmente rivelatore. La foto scelta dalla parlamentare, un elegante bianco e nero, mostra Balbo in posa al Berghof, la residenza alpina di Hitler. O meglio: mostra Balbo, senza Hitler. L’immagine, infatti, è un ritaglio di uno scatto ben più noto – quello del 1938 – in cui Balbo è ritratto accanto al Führer.
Nella versione pubblicata da Chiesa, Hitler non compare. Scompare. Non è dato sapere se sia stata lei a operare quel taglio – e non è questo il punto. Quel che conta è il messaggio. Un gesto apparentemente neutro, che fa passare l’omaggio per una scelta storiografica innocua. Ma chi conosce quella foto, chi sa cosa rappresenta, ne coglie subito il sottotesto. E a quel punto il messaggio cambia. Diventa consapevole. Diventa codice.
Non è un’operazione isolata. Non è un incidente. È una tessera coerente di un mosaico più ampio: quello in cui il fascismo torna ad affacciarsi nel discorso pubblico con gli strumenti della rispettabilità, della mistificazione, della selezione semantica. Un fascismo da salotto, che toglie le svastiche e lascia il culto. Che rimuove Hitler dall’inquadratura, ma non dalla simbologia. Che rivendica Italo Balbo come “padre dell’aviazione italiana”, omettendo che fu anche quadrumviro della Marcia su Roma, mandante dell’omicidio di Don Minzoni, governatore coloniale, gerarca, promotore della guerra d’Etiopia e convinto sostenitore della supremazia razziale.
Non a caso, nel 2022, Chiesa ha partecipato all’inaugurazione di un circolo di Fratelli d’Italia a Retorbido, intitolato proprio a Balbo. L’ANPI, allora, protestò apertamente. Ma lei, con la consueta arroganza da potere senza freni, rispose: “Mi denuncino pure. Come Meloni, rispondo con una pernacchia”. Il riferimento era all’episodio del 2018, quando Giorgia Meloni volle intitolare una via a Balbo durante Atreju, a Latina, scatenando la reazione dell’ANPI e della stampa. Anche lì, stessa linea: spocchia, rivendicazione, nessuna vergogna. Nessuna distanza.
E oggi siamo qui, a commentare una foto mutilata. Ma la mutilazione vera è quella della coscienza collettiva. Perché se una parlamentare può pubblicare un’immagine di un gerarca in compagnia di Hitler – anche se ritagliata – e nessuno tra i suoi alleati, nel governo, tra le alte cariche istituzionali, trova la cosa scandalosa, allora non è lei il problema. È il contesto che la tollera. È il clima che la protegge. È la complicità silenziosa che la rende possibile. Se nemmeno l’uomo responsabile dell’Olocausto basta più a segnare un confine tra destra e fascismo, tra legittimità democratica e revisionismo tossico, allora vuol dire che il limite è saltato. O peggio: che è stato spostato con metodo. E se Paola Chiesa non sente nemmeno il bisogno di cancellare la foto, ma solo di ritagliarla, allora siamo già dentro una nuova estetica della nostalgia. Quella che mostra solo ciò che serve. Quella che non mente: seleziona. E in quella selezione ci dice tutto. Se nemmeno questo basta a chiederne le dimissioni, allora è lecito chiedersi cos’altro serva per rendere evidente l’indecenza. E soprattutto: quanto ancora dovremo abituarci a vedere il fascismo farsi costume – e propaganda – nel cuore delle istituzioni nate dalla lotta di Liberazione.

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