Che terra nemica! A Trame riflessioni per non dimenticare Giancarlo Siani

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La terra che fu “nemica” per Giancarlo Siani, l’isolamento, il conformismo accanto alla tenacia e alla capacità professionale di un giornalista che è rimasto l’icona per tutti i cronisti d’Italia sono stati al centro di quello che può definirsi un momento di riflessione sulla professione di giornalista in Italia nel 2025. A lui è dedicato il Festival Trame 2025, che ospita anche la mostra con tavole e un fumetto che ne racconta la vista e l’impegno. E nella serata del 20 giugno si è tenuto, appunto, l’incontro moderato da Giovanni Tizian, direttore della manifestazione di Lamezia Terme, “Nel nome di Siani”. Il fratello del giornalista ucciso dalla camorra 40 anni fa, Paolo Siani, ha detto che “Giancarlo ha fatto il suo mestiere come fa un giornalista, raccontando i fatti ma quei fatti erano scomodi per la mafia che, dunque, ha emesso la condanna a morte”. Un libro appena uscito e scritto dal giornalista del Mattino Pietro Perone descrive il contesto in cui è maturato quel delitto che ha cambiato per sempre la storia del giornalismo in Italia nonché (e molto) il corso delle cose. Il libro si intitola “Terra nemica” e descrive la Napoli della metà degli Anni Ottanta, nel suo complesso non solo per il peso della camorra. “E’ una storia sentimentale – ha detto l’autore – perché la morte di Giancarlo ha segnato un solco tra il prima e il dopo e Giancarlo mi è mancato anche dal punto di vista umano. Avrei potuto lavorare insieme a lui in questi 40 anni e non è stato possibile”. ” Non mi sarei mai aspettato che dopo 40 anni in una sera di giugno stessimo qui a parlare di mio fratello con così tante persone. Credo che sia un miracolo, il miracolo derivante dal modo di fare giornalismo di Giancarlo”, ha aggiunto Paolo Siani. Per il presidente della Fnsi, Vittorio Di Trapani “ricordare e onorare la memoria di Giancarlo Siani equivale anche a non dimenticare che lui era un precario, un ‘abusivo’ e la precarietà contribuisce ad uccidere il giornalismo, specie nelle ‘terre nemiche’ dove proliferano negazionismo, isolamento e mafia. Noi questo non lo dobbiamo omettere né dimenticare. E io non voglio fare il solito discorso da sindacalista, che pure sono. Ne faccio una questione morale e civile: un buon giornalismo si paga e si regolarizza e lo dobbiamo, anche questo, a Giancarlo”. Delle difficoltà del giornalismo di inchiesta e della cronaca giudiziaria ha parlato Graziella Di Mambro, responsabile legalità di Articolo 21 che ha sottolineato come il racconto della mafia e della corruzione in Italia (spesso incluse negli stessi procedimenti giudiziari) sia ostacolato dalle leggi bavaglio di questo governo e anche di quelli precedenti. “La progressiva compressione della libertà dei giornalisti può compromettere il diritto costituzionale dei cittadini ad essere informati e Articolo 21 si batte da anni per evitare questa deriva, oggi riconosciuta da plurimi osservatori indipendenti in Europa”, ha aggiunto Di Mambro. Per Nello Trocchia, giornalista del Domani e autore di numerosissime inchieste e libri sulla criminalità organizzata l’isolamento e l’indifferenza “anche di una parte della nostra categoria è un elemento di ulteriore pericolo per un giornalista che vuole raccontare la realtà scomoda, perché sempre più di frequente si trova a farlo da solo e tutto ciò è parte della perdita di credibilità del giornalismo italiano. Credo che il primo scatto di orgoglio debba venire da noi. Oggi prolifera il copia-incolla e quando un giornalista mette le mani su un’inchiesta particolarmente scomoda per le categorie che contano in questo Paese spesso si trova solo, se non viene addirittura additato come un venditore di fumo o un ‘nemico'”. A proposito di solitudine nella stessa terra nemica di Siani, la Campania, ha portato una testimonianza diretta il giornalista Mimmo Rubio, sotto scorta per le sue inchieste giornalistiche, tante volte additato come un “rompiscatole” in cerca di notorietà. “Ho pagato un prezzo alto per il mio lavoro e so cosa significa l’isolamento, è quella cosa che avviene quando nessuno riprende le tue notizie e tu ti trovi a combattere a mani nude ma io non conosco un altro modo di fare questo lavoro. I miei genitori mi hanno insegnato a rispettare le regole e a non voltarmi dall’altra parte anche se questo mi costa oggi enormi sacrifici, non ho più una privacy, ho la scorta pure quando vado a fare la spesa al supermercato”.
La Campania è oggi la regione con il più alto numero di giornalisti sotto scorta, sono diventati sei da circa un mese quando è stata decisa la protezione personale anche per Luciana Esposito, per le sue cronache sul quartiere di Ponticelli.

Nel corso del dibattito Giovanni Tizian ha ricordato una foto di Giancarlo, “particolarmente attuale e significativa”, quella con il simbolo della pace disegnato su una guancia, divenuta anch’essa un’icona.
(Foto di Mario Spada – Festival Trame 2025)


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