In una serata vengono messi a nudo i nodi della giustizia e della lotta alla mafia in rapporto alla politica e alla società civile nel 2025, un tempo in cui le stragi del 1992 sembrano così lontane. Al Trame Festival in corso a Lamezia Terme il Procuratore Nicola Gratteri arriva con il suo ultimo libro “Una cosa sola. Come le mafie si sono integrate al potere” e, intervistato dal direttore del Domani, Emiliano Fittipaldi, percorre un viaggio dentro le nuove frontiere già raggiunte dalla criminalità organizzata nel dark web e nella difficoltà che ancora c’è in Italia a mettere gli investigatori nella condizione di poter agire alla pari, ossia avere mezzi e tecnologia e visione per entrare in questa nuova frontiera. Con la schiettezza che lo contraddistingue e davanti ad una piazza gremitissima, Gratteri ha illustrato quale sia il livello di interazione e integrazione delle mafie nel tessuto-Paese e ha poi tracciato un quadro della realtà di Napoli dove oggi lavora. “Ho avuto modo di conoscere meglio la camorra, c’era una camorra che non conosceva, tanto diversa ad esempio dalla ‘ndrangheta, è la camorra delle ‘stese’ che qui in Calabria sarebbero una cosa inconcepibile. – ha detto il procuratore Gratteri – Poi c’è una camorra dei colletti bianchi quasi del tutto integrata e a tratti irriconoscibile e c’è una camorra altamente tecnologica. Io giro continuamente nelle scuole dei corpi di polizia per chiedere loro di implementare al massimo la ricerca di investigatori con la ‘passione’ informatica, perché ne abbiamo tanto bisogno”. Poi una sferzata al Ministro della Giustizia Carlo Nordio: “Io quando sento Nordio che difende il taglio alle intercettazioni e dice ‘torniamo ai pedinamenti’, davvero non so che cosa dire. Non lo so”.
All’applaudito intervento di Nicola Gratteri è seguito un accesissimo confronto tra Francesco Paolo Sisto, avvocato e vice ministro alla Giustizia, e Rocco Maruotti, segretario dell’Anm, moderato da Giovanni Negri de Il Sole24Ore. Sisto ha difeso la legge sulla divisione delle carriere tra giudici e pm sostenendo che vi sia stata “una lunghissima fase di dialogo ed ora è tempo di approvare una riforma che restituirà giustizia ai cittadini e vera indipendenza ai pm che non saranno più obbligati a militare nelle correnti”. Di diverso avviso la posizione dell’Anm, illustrata dal segretario: “Intanto per questa riforma non era necessario cambiare la Costituzione e poi è abbastanza evidente fin da ora che si vuole sottomettere la funzione, oggi indipendente, del pubblico ministero alla politica”. Nessun passo avanti nel dibattito di Lamezia così come nell’iter parlamentare. Lo scontro definito, forse impropriamente, tra politica e magistratura resta. Dal confronto sono emersi alcuni elementi piuttosto chiari di “insofferenza” di una parte della politica verso il lavoro dei magistrati in Italia, soprattutto quando quel lavoro ha “toccato” la politica ed è successo, succede, assai spesso.