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Egitto, l’indifferenza che ci condanna

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È con profonda indignazione che mi accingo a scrivere queste righe, mentre il nostro Paese si trova a un crocevia morale inaccettabile. È inammissibile che un paese con un cittadino torturato e ucciso in Egitto, che non riesce a far processare i responsabili della sua morte, attraverso la voce del ministro dell’Interno esulti perché dichiarato ‘sicuro’.

È incredibile come la giustizia possa essere così lontana, mentre le immagini di Giulio Regeni continuano a tornare nella nostra mente, come una cicatrice aperta nel cuore della nostra società. Non possiamo e non dobbiamo dimenticare che le autorità italiane non riescono nemmeno a far processare i torturatori di un giovane studente che, lontano da casa, ha incontrato una morte atroce in Egitto. Una morte che non è solo un episodio isolato, ma il risultato di un regime che dimostra ogni giorno la sua natura opprimente.

E chi si è sentito di esultare in questo contesto? Il ministro Matteo Piantedosi, che ha annunciato con orgoglio come l’Italia sia riuscito a far dichiarare “sicuro” un regime che ha strappato la vita a Giulio, che tortura e opprime il suo popolo, che non riconosce i diritti umani fondamentali. È questo il messaggio che vogliamo trasmettere? Che possiamo ignorare e giustificare l’orrore in nome della stabilità e degli interessi geopolitici?

No, l’Egitto non è un paese sicuro. E lo stesso vale per altre nazioni del Mediterraneo, come la Tunisia, che, purtroppo, non è immune da violazioni sistematiche dei diritti umani e crimini contro l’umanità. Ho avuto l’opportunità di documentare e denunciare innumerevoli violazioni in quel contesto, eppure, ancora una volta, sembra che il richiamo della realtà venga oscurato da interessi politici e strategici.

In un momento in cui il rispetto per i diritti umani dovrebbe essere una priorità per ogni governo, ci troviamo a festeggiare accordi con regimi che violano questi principi fondamentali. Il silenzio e l’indifferenza verso la scomparsa di Giulio Regeni e i crimini che avvengono quotidianamente in Egitto e in altre nazioni ci condannano a una vergogna collettiva. La responsabilità della verità e della giustizia non è solo un compito per le istituzioni, ma per ognuno di noi.

È tempo di risvegliare le coscienze, di lottare affinché nessuna vita sia dimenticata e che nessun torturatore resti impunito. È tempo di rifiutare l’idea che la sicurezza venga prima dei diritti, di opporci a una politica che sceglie di voltare le spalle al dolore e alle ingiustizie. Ricordiamo Giulio, e ricordiamoci di tutti coloro che, come lui, hanno sofferto per la ricerca della verità e della libertà. Lottiamo per un futuro in cui non ci sia spazio per la complicità con le oppressioni e il silenzio.

Chi ha vergognosamente messo a tacere la sua gente non può essere riabilitato sotto il profilo della sicurezza. Ogni giorno, i diritti umani vengono calpestati, le voci dissenzienti silenziate e le libertà negate. È un’amara ironia che chi ha lottato per la verità venga abbandonato in nome di interessi di Stato.

E non mi fermo qui! Anche la Tunisia, che molti celebrano come un esempio di democrazia nel Mondo Arabo, presenta una realtà inquietante. Io stessa, come altri autorevoli colleghi,  documentato numerose violazioni dei diritti umani e crimini contro l’umanità che non possono essere ignorati.

È ora di alzare la voce, di chiedere giustizia per Giulio e per tutti coloro che hanno subito ingiustizie. Dobbiamo dire basta a questa cultura dell’impunità! Uniti, possiamo richiedere un cambiamento reale e duraturo. ✊ #JusticeForGiulio #DirittiUmani #NoAiTorturatori


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