Cutro. Quei “peluche” sono un grido di dolore

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Il contrasto è stato forte. Da una parte lo sforzo di quanti hanno lavorato giorni, e ancora lavorano, per recuperare i corpi e restituire loro dignità; la commozione e l’umanità delle persone di Cutro che hanno reso omaggio a quelle bare allineate nella palestra del paese, i messaggi scritti a mano, i peluche appoggiati vicino alla bare bianche; le parole e gli sguardi che dicevano del dolore di persone che si riconoscevano in un altro grande dolore; mentre scrivo un altro corpo è stato appena recuperato, quello di un bambino dell’apparente età di 5 anni, ancora nella sua tutina nera che il mare non è riuscito a strappargli di dosso.

Dall’ altra parte gli esponenti del Governo che hanno tenuto il loro Consiglio dei Ministri nella sala del Consiglio Comunale. Senza il sindaco, nemmeno invitato. Nessun gesto di tenerezza, nessuna visita ai feretri. Solo una riunione e una conferenza stampa. Nemmeno una parola su quelle decine di morti affogati.

Il contrasto è stato forte, molto forte. Al punto di interrogarci su cosa significasse la presenza del Governo e del suo Presidente del Consiglio Meloni lì, a Cutro, nel luogo del dolore. Un dolore che non ha pervaso alcuna delle parole pronunciate. Nessuno ha voluto guardare negli occhi i superstiti. E nemmeno le persone che erano ad attendere i Ministri. Quel lancio di peluche al loro arrivo è stato assai più di una protesta. E’ stato un altro grido, tra i tanti uditi in questi giorni. Un grido soffocato nel silenzio.

Lotta senza tregua agli scafisti. Questo è stato deciso a Cutro. E si poteva decidere anche a Palazzo Chigi. Perché la distanza dalla realtà e dalla comprensione di quello che è accaduto avrebbe giustificato anche la distanza fisica dal luogo del dramma.

Scafisti e trafficanti spesso non sono la stessa cosa. E chi guida i gommoni  è frequentemente obbligato a farlo. Anche questo è un grave elemento di incomprensione di ciò che accade.

Se esistono gli scafisti è perché non esistono altre risposte ad un’esigenza umana: quella di fuggire dalla paura, dalla povertà, dalle guerre, dalle persecuzioni. Per eliminare gli scafisti occorre trovare queste risposte. E la principale è una sola: corridoi umanitari che garantiscano vie di fuga sicure a chi cerca rifugio e futuro.

Ma a Cutro questa risposta non è arrivata. Ne sono arrivate altre che seguono il criterio di una “ selezione” impossibile, oltre che umanamente inaccettabile, e che ignorano il diritto di chi chiede asilo, il diritto dei rifugiati ad essere accolti. A Cutro è mancata soprattutto l’umanità, è mancata l’empatia con il dolore che sono il primo passo verso la comprensione di un tema così sensibile e difficile come quello dei flussi migratori. Quando un genitore affida il proprio figlio all’incertezza e al pericolo del mare è perché ha esaurito la speranza.

A Cutro sono mancate risposte. Soprattutto alla vera domanda: perché non sono stati salvati?

E’ una domanda che continuerà a tormentare i cittadini di Cutro. E noi tutti.

 


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