Articolo 21 e il giornalismo di Gramsci: formazione, rigore, verità           

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C’è un legame forte, quasi una discendenza culturale diretta, tra il giornalismo praticato e insegnato da Gramsci e il valore assoluto dell’Articolo 21 della Costituzione, caposaldo della nostra associazione. Il suo giornalismo si basava su alcuni principi fondamentali: la competenza, la formazione, il rigore, la verità. E’ partita da questa considerazione la decisione di organizzare nei luoghi gramsciani la celebrazione in Sardegna del nostro ventennale.

Dopo Ales, paese di nascita in cui Gramsci visse fino al settimo anno d’età, il luogo della sua prima formazione culturale è stato Ghilarza, fino all’adolescenza, prima di trasferirsi a Cagliari per studiare al Liceo Dettori e poi a Torino, all’Università. A Ghilarza sorge la Casa Museo a lui dedicata che custodisce alcune testimonianze importanti, come ad esempio la tessera professionale da ‘pubblicista’, ruolo a cui Gramsci tenette per tutta la vita. E divenne pubblicista facendo la gavetta a partire proprio dalla sua terra. Il suo primo articolo fu di cronaca, su un fatto accaduto ad Aidomaggiore, paese vicino a Ghilarza e pubblicato su L’Unione Sarda dal direttore Raffa Garzia che credette subito in lui. Dopo la cronaca le critiche letterarie, teatrali e cinematografiche per poi diventare direttore di testate nazionali come l’Avanti! prima e L’Ordine Nuovo poi.

Il convegno che si è svolto a Ghilarza il 5 marzo ha dato la dimostrazione che l’attività giornalistica di Gramsci fu la base fondamentale su cui venne poi costruito il suo impegno filosofico e politico. Dal suo quotidiano, ha ricordato Giorgio Macciotta, presidente della Casa Museo, nacque l’esigenza di conoscere sempre meglio il ‘mondo grande e terribile’. E sempre dal giornalismo gli derivò la necessità di una conoscenza approfondita dei problemi sociali che poi si sarebbero dovuti raccontare con fedeltà nell’assoluta convinzione che ‘la verità è sempre rivoluzionaria’. Da qui il massimo rigore nella scrittura.

Il professor Leonardo Rapone, direttore della rivista Studi Storici della Fondazione Gramsci, uno dei relatori del convegno, nel ricostruire alcuni momenti fondamentali della sua attività di direttore giornalistico ha ad esempio ricordato che una volta Gramsci rampognò severamente uno dei redattori che interpretando la sua scrittura, sempre rigorosamente a mano, aveva usato il termine ‘indebolimento’ invece che ‘indebitamento’ per descrivere quella che a suo giudizio era la condizione dello Stato italiano dopo la prima guerra mondiale.

Bisogno di conoscenza per informare ed essere informati, ben diverso dalla concezione del giornalismo di Mussolini che pensava solo alla propaganda, alla costruzione del regime, tanto che il 31 dicembre del 1925 dispose che i direttori dei quotidiani dovessero avere il gradimento dei prefetti, vale a dire del governo. In quella condizione storica si capisce ancor di più quale straordinaria azione informativa svolse Antonio Gramsci.

Azione informativa, ha poi detto Sabrina Perra, direttrice dell’Istituto Gramsci per la Sardegna, che si reggeva sulla concezione del ‘giornalista integrale’ capace di analizzare problemi economici, sociali, culturali. Per farlo ha poi detto la relatrice, Gramsci si impose un metodo che era quello di un rapporto diretto con il lettore da ascoltare ma anche da guidare verso curiosità ed interessi nuovi, anche filosofici. Un giornalismo militante fatto a favore delle comunità.

Ma come ottenere questo risultato, si chiedeva Gramsci? La risposta l’ha data il professor Rapone ricordando quanto da lui scritto sulla necessità delle scuole di formazione, su rigore e precisione nel raccontare i fatti, sull’essenzialità della narrazione. Come la volta – ha poi detto – che un suo redattore aveva scritto un pezzo lunghissimo che si sviluppava su otto colonne. Glielo fece riscrivere sei volte, finché non lo ridusse ad una colonna e mezzo. Solo allora lo mise in pagina.

Tutto questo è di grandissima attualità nel tragico momento internazionale che si sta vivendo con la guerra della Russia contro l’Ucraina, ma anche in altre realtà mondiali nelle quali si vivono gravi condizioni politiche ed economiche. Come il Brasile di Bolsonaro. Ne ha parlato Gianni Fresu, che proprio in Brasile fa studiare agli universitari il pensiero di Gramsci. Pensieri filosofici che si diffondono sempre più e che vengono analizzati per verificarne la traducibilità nella pratica.

Il convegno, che si era aperto con il saluto del sindaco e gli interventi di Tommaso Sanna, presidente dell’Associazione Per Antonio Gramsci, di Celestino Tabasso, presidente dell’Associazione della Stampa sarda e di Francesco Birocchi, presidente del Consiglio Regionale dell’Ordine dei Giornalisti, è stato chiuso da Giuseppe Giulietti, nella duplice veste di Presidente della Fnsi e Fondatore di Articolo 21. Uno dei risultati più significativi del convegno, ha detto, è stata la dimostrazione che molto di più e meglio si dovrebbero studiare gli scritti giornalistici di Gramsci per capire da dove ebbe origine la formazione di quel grande ‘pensatore universale’ come lo ha definito Giorgio Macciotta. E la stessa cosa si dovrebbe fare con le analisi che allora venivano proposte negli scritti di Matteotti, don Minzoni, i fratelli Rosselli, Piero Gobetti. Tutti di formazioni culturali diverse ma con un enorme valore che li accomunava: l’onestà intellettuale e il coraggio di raccontare la verità. La lezione che da Ghilarza e ancora una volta da Gramsci deve venire è che senza studio e conoscenza il giornalismo non si potrebbe, non si dovrebbe fare, così come non dovrebbero esistere né gli indifferenti, né i pennivendoli. Articolo 21 e la Fnsi già impegnate su questo terreno, trarranno dal convegno di Ghilarza nuove energie per proseguire su queto terreno, indispensabile per una professione che rischia di essere sempre più minacciata da illiberalità, dittatori, poteri economici. L’unica strada praticabile è fatta di autonomia, indipendenza, autorevolezza.

Questi sono stati i valori che hanno caratterizzato l’attività professionale di un bravissimo collega della Nuova Sardegna, morto l’anno scorso, Piero Mannironi. Giulietti lo ha voluto ricordare nella cerimonia dell’intestazione al suo nome della sala riunioni dell’Associazione della Stampa Sarda svoltasi domenica 6 marzo a Cagliari. Giulietti ha reso omaggio alla sua memoria ricordando il suo impegno professionale in vicende misteriose come la tragedia del Moby Prince nel porto di Livorno o l’abbattimento, nel 1994, di un elicottero della Guardia di Finanza in pattugliamento sul mare della costa sud orientale sarda. Un giornalista d’inchiesta rigoroso e puntuale, proprio come indicato nel codice etico e professionale dettato da Gramsci. Alla cerimonia hanno preso parte, commossi, la vedova, Daniela Scano e i figli Claudia e Antonio.


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