Strage Bologna. Grazie a Report si è riaccesa quella luce che non andrebbe mai spenta

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2 agosto 1980 strage alla stazione Bologna: 85 morti 216 feriti. Nel capoluogo emiliano si stanno processando i presunti mandanti della strage e il quinto presunto esecutore materiale Paolo Bellini appartenente ad Avanguardia Nazionale e killer della ‘ndrangheta, con l’accusa di aver procurato l’esplosivo. Bellini si aggiungerebbe ai già condannati definitivamente Giusva Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini condannato in primo grado. Sono trascorsi quasi quarantadue anni dalla più grande strage della storia repubblicana, e grazie alla puntata di Reporter, il programma condotto da Sigfrido Ranucci, si è riaccesa quella luce che non andrebbe mai spenta. Purtroppo con il trascorrere degli anni la ricerca di verità e giustizia è diventata sempre più un fatto locale in particolare per chi ha subito la tragedia, ignorata dai media nazionali, in particolare dalle tv, sarebbe sufficiente che i tg nazionali della Rai dessero voce all’importante lavoro che sta facendo la TgR dell’Emilia-Romagna sempre presente alle udienze dei processi.

Per fortuna la squadra del programma di Rai3 è da sempre una voce fuori dal coro. Grazie all’intervista realizzata da Paolo Mondani al generale Pasquale Notarnicola che nel 1980 era a capo dell’Antiterrorismo del Sismi, ha puntato l’indice sui depistaggi, Notarnicola ha denunciato quelli messi in atto dagli stessi uomini del Sismi per sviare le indagini come la volta in cui il generale e agente segreto Musumeci (iscritto alla P2 e condannato a otto anni e cinque mesi per depistaggio), gli disse di aver colto informazioni per cui il responsabile della strage era il terrorista internazionale Carlos. “Verificai la notizia”, racconta Notarnicola, “scoprii che l’informazione proveniva da un giornalista del Borghese che lavorava in Francia. Un depistaggio creato ad arte dalla P2”.

A Bologna, grazie all’Associazione dei famigliari delle vittime che non si è mai persa d’animo, si è battuta per la decretazione degli atti e ha continuato ad indagare quando la magistratura aveva già scritto la parola “fine”, la procura generale ha individuato quattro presunti mandanti e finanziatori della strage: Licio Gelli il capo della P2, il suo braccio destro il banchiere Umberto Ortolani, il direttore del Borghese Mario Tedeschi e Federico Umberto D’Amato, capo dell’Ufficio Affari Riservati del Viminale, questi ultimi due a capo della rete incaricata di depistare le indagini. Le parole del generale Notarnicola chiudono il cerchio, nonostante ciò ancora esponenti della destra continuano a insistere sulla pista internazionale e sull’innocenza dei due Nar Mambro e Fioravanti. In questi giorni Paolo Bolognesi presidente dell’Associazione famigliari ha fatto scattare un nuovo allarme: “Si vuole mettere su un binario morto la strage di Bologna e bloccare la verità”. Cos’è accaduto: durante l’apertura dell’anno giudiziario il presidente della Corte d’Appello Oliviero Drigani ha denunciato che “l’intero distretto giudiziario dell’Emilia-Romagna soffre di oggettiva inadeguatezza degli organici”.

Morale mancano dieci magistrati. Il processo di secondo grado al terrorista Cavallini, che avrebbe dovuto essere già iniziato, verrà spostato ad aprile 2023 e unificato a quello di Bellini che a breve dovrebbe concludere la prima istanza, altrimenti si bloccherebbe il lavoro di una Sezione per molti mesi. “Bisogna dare priorità ai processi che riguardano persone detenute” ha concluso il presidente Drigani. Bolognesi si è posto legittimamente una domanda: “Se c’è un problema d’organico dei magistrati perché il processo d’Appello a Cavallini era stato fissato per gennaio 2022?” Gilberto Cavallini sta scontando diversi ergastoli in regime di semilibertà provvisoria, pertanto è detenuto a tutti gli effetti. Bolognesi ha aggiunto: “È ora di finirla, perché stiamo parlando di una persona condannata per strage. Mi sembra di vedere nel presidente Drigani lo stesso atteggiamento del capo della procura Amato, quando avrebbe voluto archiviare l’inchiesta sui mandanti”. Ogni 2 agosto dal 1980 il corteo che da Palazzo D’Accursio, passando per via dell’Indipendenza, arriva alla stazione, si apre con uno striscione su cui vi è scritto “Per non dimenticare”. Il rispetto dei caduti e di tutti i feriti che si portano nel corpo e nell’anima i segni di quel maledetto sabato sta nella ricerca della verità, ma la verità la si trova solo se tutti fanno il proprio dovere per abbattere il muro creato dai depistaggi attorno a tutte le stragi avvenute dal dopo guerra ad oggi nel nostro paese.


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