La devastazione negli occhi di due ragazzini              

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Ba’! Ba’!! Vieni a vedere, sbrigati…”.

La voce della mia figlia più piccola mi scuote dalla sonnolenza della breve pennichella pomeridiana che precede il mio rientro in redazione.

Mi alzo e mi avvicino alla bambina che, seduta sul divano con in grembo i nostri gatti Cecilia e il figlio Adolfino, non stacca gli occhi da un’immagine fissa che mostra un grattacielo in fumo. Si alterna, l’immagine fissa, con una registrazione che mostra la causa di quel disastro: un aereo si è schiantato contro la parte alta dell’edificio.

“Ma perché ti impressioni? Sicuramente è un’invenzione pubblicitaria per lanciare l’ennesimo film della serie interminabile dedicata a catastrofi che distruggono edifici, aerei, intere città”.

“Sarà, ma a me sembra tutto vero. Per ora sostengono che potrebbe trattarsi di un incidente aereo”.

“Sai, Giovanna, tanti anni fa, nel 1938, un genio dell’immaginario, il regista Orson Welles, tenne avvinti all’ascolto milioni di americani inventandosi di sana pianta lo sbarco degli extraterrestri. Quell’invenzione fu la fortuna di quella rete radiofonica”.

Faccio appena in tempo a confermare la mio posizione di scettico su quel che la CNN mostra che il secondo aereo si abbatte sull’altra torre gemella. Mi basta per convincermi che la mia bambina dodicenne ha ragione.

“Guarda che disastro! Ma ora quelle due torri divorate dalle fiamme potrebbero crollare?”.

“Ma no, figurati. Quelle strutture di acciaio e cemento sono in grado di resistere. Vedrai che resteranno in piedi”, replico.

Meno di un’ora più tardi le terribili immagini del devastante collasso delle Torri Gemelle.

 

Vent’anni dopo chiedo a mia figlia: “Ma cosa ti rendeva così certa del fatto che tutto fosse reale e non una finzione?”.

“Quel pomeriggio, come sempre dopo pranzo, stavo guardando non so se cartoni animati o uno dei telefilm dedicati agli adolescenti così in voga in quegli anni. Non so se fosse su Italia 1 o sulla Rai. D’improvviso, con mio grande fastidio, il programma venne interrotto e partì la sigla di un’edizione straordinaria del Telegiornale: immagine d’apertura le fiamme e il fumo della prima torre colpita dall’aereo”.

“Poi ne parlaste a scuola? Cosa ti rimase di quelle immagini tragiche?”.

“No, a scuola no. Penso che gli insegnanti non se la sentissero di affrontare quella delicatissima questione con ragazzini delle medie, poco più che bambini. Per me fu la prima dimostrazione del fatto che la vita poteva riservare sorprese terribili”.

Accanto a Giovanna il suo ragazzo, Diego, tre anni più grande, romano, ha ricordi più articolati.

“Come d’abitudine, io e la mia sorellina ci piazzavamo sul lettone dei miei genitori, che erano ancora al lavoro, per guardare uno dei programmini d’intrattenimento pomeridiani. Forse lo stesso che stava seguendo Giovanna. Neppure noi, come Giovanna, abbiamo avuto dubbi che quel che stavamo vedendo fosse tutto vero. Alla fine della terribile sequenza d’immagini degli aerei andati a schiantarsi e del crollo devastante delle torri, immaginando anche quante persone potessero rimanere coinvolte, non sapevamo proprio cosa pensare. Solo mia madre, al suo rientro, cominciò a spiegarci  che tutto quello che era accaduto era frutto della volontà dell’uomo, non del caso”.

“E a scuola? Quali furono le reazioni?”.

“Beh, io frequentavo la prima classe delle superiori al Convitto Nazionale di Roma e soprattutto gli insegnanti di Storia e Lettere affrontarono l’argomento. Ricordo con precisione una sensazione che mi impaurì e che mi accompagnò a lungo.  Quelle immagini erano una traduzione nella realtà di cosa dovesse essere stata la seconda guerra mondiale che proprio in quel periodo dell’anno cominciavamo a studiare e che noi potevamo solo immaginare dalle pagine dei testi. E per me che vivevo a Roma il terrore che anche la mia città, con le sue bellezze, potesse essere un obiettivo di attacchi terroristici”.

Mentre parlano Giovanna e Diego si stringono forte una mano. Ora lavorano e vivono insieme a Milano. Non lo dicono, ma probabilmente pensano per un attimo che anche la loro grande città possa rischiare di diventare un obiettivo di sciagurate azioni di terrore.

Quel che sanno con certezza è che quella terribile giornata di venti anni fa mostrò anche ai loro occhi di ragazzini quel che poi è diventato un pensiero diffuso: il mondo non sarebbe più stato lo stesso di prima.


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