Polonia, Ungheria e stampa di regime, vergogna europea

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Orban più diretto e rude la stampa non allineata se non addirittura impudentemente avversaria, la fa chiudere dai magistrati agli ordini. In Polonia, governo analogamente autoritario e illiberale, ma con i riti della chiesa polacca, la sia parte più reazionaria, prova prima a convincerti che stavi facendo peccato e poi ti impone le sua penitenza. Prima strangola economicamente con tasse e balzelli la stampa indipendente e poi se la compre a due soldi e la converte.

Ungheria, Klubradio spegne i segnali

Klubradio, l’ultima radio libera dell’Ungheria, si spegne definitivamente dalla mezzanotte di domenica prossima, da quando non avrà più la licenza per andare in onda. La principale stazione radio indipendente ungherese, tanto critica quanto ascoltata, aveva già perso le sue frequenze in provincia, perché non aveva notificato in tempo alle autorità governative quanta musica ungherese era stata messa in onda nei suoi programmi. Orban ha imposto anche il ‘nazionali canzonettismo’, e se preferite la musica sovranista. Notifica che è obbligatoria per tutte le stazioni e infranta per il suo ridicolo, da altrettante. La differenza, per i giudici vergogna, sta evidentemente nella musica che Klubradio suona contro il governo e Fidez, altra vergogna, questa per il partito Popolare europeo che ancora se la tiene affiliata.

Vergogna per vergogna, anche l’Ue insegue

Ricorso alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, e alla Corte di giustizia europea di Lussemburgo, ma campa cavallo che il silenzio cresce assieme alla campagna elettorale di Orban. Pensare che è dal 2018 che nel Consiglio Ue è aperta una procedura per violazioni gravi «dei valori dichiarati nel trattato sull’Ue», compresa la soppressione della libertà di stampa. Ma Orban e Fidez stanno dalla ‘parte giusta’ e far finta, e tutti hanno paura a chiedere conto e ad arrivare al saldo della improponibile e vergognosa «Democrazia illiberale» vantata a piena voce e da anni da Budapest.

Polonia più accorta e pretesca

Bigotti ma accorti. «In Polonia, così si strangola e si compra la stampa indipendente». Una nuova tassa punta a colpire gli introiti pubblicitari. Un colpo di grazia per gli ultimi media non allineati con il governo di Varsavia: in sostanza lo Stato otterrà i fondi per rilevare i giornali che non ce la fanno. C’è molto dell’antico nascondiglio del ‘latinorum’. «Legge sugli introiti aggiuntivi del Servizio Sanitario Nazionale, del Fondo Nazionale per la Tutela dei Monumenti e sull’Istituzione del Fondo per il Sostegno della Cultura e del Patrimonio Nazionale nell’Ambito dei Media». Cosa c’entra la libertà di stampa col Servizio sanitario nazionale (là peggio che da noi) e il Patrimonio nazionale con i Media? Se lo ha chiesto anche Lukasz Ostruszka di Gazeta Wyborcza ripreso su Repubblica.

Contro il virus ad appartenenza controllata

Varsavia cercherà il denaro sanitario sino a ieri mal speso dal mercato delle pubblicità sui media. Le tariffe variano a seconda della tipologia dei media o delle dimensioni dei soggetti e persino dal tipo di merci e beni pubblicizzati. L’appartenenza politica non è citata ma sarà decisiva. Arzigogolo di lagge con un obiettivo nascosto e molto mirato. «Abbassarne il valore dei media indipendenti colpendo i loro introiti. Un simile tributo peggiorerà la situazione finanziaria degli editori e ridurrà le loro valutazioni sul mercato. Per le società statali sarà quindi più agevole acquisire i media indeboliti in questo modo».

Le beffa: e io Stato ti compro con i tuoi soldi

«Attraverso questa tassazione saranno i media privati a fornire allo Stato il denaro necessario alla loro acquisizione» ha commentato Jakub Bierzyski, fondatore e presidente dell’agenzia di pubblicità OMD, prima della pubblicazione ufficiale del progetto di legge. «La nuova tassa farà sì che i media, al fine di salvare la liquidità finanziaria, aumenteranno i prezzi agli inserzionisti, mentre gli inserzionisti a loro volta aumenteranno i prezzi ai loro clienti. Alla fine a pagare lo scotto saranno le famiglie polacche. Si tratta di un ulteriore onere finanziario per ciascuno di noi, in un contesto già gravemente compromesso dal rallentamento dell’economia e dalla precarietà lavorativa», denuncia il mondo giornalistico.

Silenziare tutti i giornali dell’opposizione

Dall’ascesa al potere del Pis nel 2015 la libertà di stampa si sta sgretolando, in uno schema che ricalca il modello dell’Ungheria di Orban. Dirottamento degli investimenti pubblicitari delle compagnie pubbliche e aumento delle cause per diffamazione, «per i quotidiani non leali all’esecutivo è diventato impossibile fare informazione». Ed ecco che Pkn Orlen, la principale compagnia energetica statale polacca, ha acquisito proprietà del conglomerato mediatico Polska press, che controlla decine di giornali locali e siti.  La ripolonizzazione dell’informazione è un progetto sbandierato da anni da parte della compagine governativa.

Informazione patriottica e dissidenza politica

L’informazione in Polonia caldeggiata dal governo ultraconservatore guidato dal partito euroscettico, tradizionalista e sciovinista PiS (Prawo i Sprawiedliwość, Diritto e Giustizia). Dopo le scorse elezioni presidenziali, vinte ma solo al ballottaggio dall’uscente Andrzej Duda (PiS), Jarosław Kaczyński, l’éminence grise del suo partito, era tornato a invocare il ritorno dei media polacchi in mano polacca, accusando i giornali posseduti da imprenditori stranieri di aver “interferito” nelle elezioni. Oggi il panorama mediatico polacco è ancora relativamente eterogeneo, proprio perché molti dei media privati sono proprietà di aziende tedesche e americane.

Ma dall’ascesa al potere del Pis (2015), la Polonia ha perso 44 posizioni nella classifica della libertà di stampa di Reporter senza frontiere. Oggi è al 62° posto: peggio di lei nell’Ue, solo Grecia (65°), Malta (81°) e Ungheria (89°).

Fonte: Remocontro


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