Sergio Zavoli, Franco Basaglia, “i giardini di Abele”

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Sarà ricordato in mille modi, Sergio Zavoli, protagonista di una televisione che poteva vantare professionisti del calibro di Bruno Ambrogi, Gianni Bisiach, Alfredo Di Laura, Brando Giordani, Giuseppe Marrazzo, Carlo Mazzarella, Arrigo Petacco, Emilio Ravel, Claudio Savouzzi, Giorgio Vecchietti, Ugo Zatterin (e chiedo scusa ai “dimenticati”).

Era, quale sia il giudizio che se ne vuole dare, un’altra televisione.

Lo ricorderanno per “Il processo alla tappa”, “La notte della Repubblica”, “Nascita di una dittatura”. E ci mancherebbe: hanno fatto la storia della TV.

Qui preferisco ricordare Zavoli per una trasmissione che forse non molti ricordano: “I giardini di Abele”: nel 1968 (1968!) Zavoli incontra Franco Basaglia nel manicomio di Gorizia. Le telecamere della RAI entrano per la prima volta in quel luogo di dolore e sofferenza “dentro”, diretto da Basaglia.

E’ lo stesso anno in cui Basaglia dà alle stampe un libro destinato a diventare un piccolo classico: “L’istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico”: racconta proprio l’esperienza goriziana. Sono gli anni delle assemblee con i lavoratori e i pazienti; della critica agli apparati psichiatrici vigenti; si comincia a eliminare l’inumana pratica della contenzione forzosa; il paziente è considerato per quello che è: una persona sofferente di cui prendersi cura, e non da esorcizzare negandolo e relegandolo.

A un certo punto, Zavoli chiede: “E’ più interessato al malato o alla malattia?”, e Basaglia senza esitazione: “Decisamente al malato”. Sembra una domanda neppure da fare; una risposta perfino scontata. Oggi. Ma nel 1968 solo quel chiedere, e quella breve, fulminea risposta, sono una piccola, grande rivoluzione. Si mette in discussione una consolidata prassi, una mentalità che nessuno osava contestare.

Bello, utile e istruttivo sarebbe se “I giardini di Abele” venissero riproposti. Racconto di storie che appena “ieri” erano cronaca…


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