Operazione “Malefix” a Reggio Calabria. La ndrangheta entra nei “salotti buoni”

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L’operazione “Malefix”, dal nomignolo con cui veniva chiamato nelle intercettazioni il boss Giorgetto De Stefano tra gli arrestati, è la summa di ciò che in tanti anni il lavoro Procure e forze dell’ordine hanno messo in luce. E cioè che le mafie sono ben radicate al nord, in particolare nei centri produttivi come la Lombardia, nonostante le affermazioni di alcuni ministri di precedenti governi che negavano tali infiltrazioni; che hanno ramificazioni internazionali con paesi dell’est Europa e paesi arabi e che sono pronte ad intervenire ogni qualvolta si presenta l’occasione di ingenti investimenti da parte dello stato. Al centro dell’inchiesta sugli affari dei clan, che ha portato a misure cautelari nei confronti di ventuno persone, arrestate, oltre a Reggio Calabria, anche a Milano, Como, Pesaro, Urbino, Roma e Napoli, Giorgetto De Stefano, rampollo dell’omonima cosca che nella capitale del nord, Milano, si muoveva con molta naturalezza negli ambienti che contano. Era diventato anche un personaggio da rotocalco, vista la sua relazione con Silvia Provvedi, ex di Fabrizio Corona, nota come concorrente del “Grande Fratello” e componente del duo musicale “Le Donatella”, dove passava come imprenditore di successo. Ma per lui c’era anche la Spagna e Dubai negli Emirati Arabi. L’operazione coordinata dal procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri conferma il salto di qualità della ndrangheta, come di tutte le mafie, che cercano di entrare in quello che è il cosiddetto salotto buono dell’economia, grazie anche alla grande liquidità di cui dispone, e che agisce non più nel quartiere Archi di Reggio, dove si decide su estorsioni e pizzo, ma lì dove i proventi dello spaccio possono essere investiti. E c’è un altro fattore che tra le righe delle pagine delle tante inchieste si possono estrapolare: i contatti sempre più stretti con la politica. Perché come più volte ha sottolineato il capo della procura antimafia di Catanzaro Nicola Gratteri, non è più la mafia che cerca la politica, ma il contrario. Ad esempio molti latitanti della ndrangheta si trovano a Dubai, capitale frequentata anche da Giorgetto De Stefano, dove si trova anche il latitante Amedeo Matacena, ex parlamentare di Forza Italia condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Ebbene il parlamento non è riuscito ancora a ratificare il trattato tra Italia ed Emirati Arabi sulle estradizioni di tutti coloro che sono sottoposti ad indagini o condannati, non si riesce a trovare una maggioranza per far passare il provvedimento. Ed ora la politica, soprattutto nelle due regioni dello stretto Calabria e Sicilia, è in gran fermento con proposte, mozioni, da discutere nelle commissioni consiliari per ripresentare il progetto del ponte sullo stretto che collegherà il niente con il nulla vista la scadente rete infrastrutturale di strade e ferrovie. Qualche anno fa il presidente della società (ora in liquidazione) che doveva costruire il manufatto disse:”Se la mafia servirà per costruire il ponte, benvenuta la mafia”. Non bisogna quindi abbassare la guardia, perché le mafie sono vive, la magistratura fa la sua parte nella lotta, ma molto di più dovrà fare l’informazione, seguendo ed analizzando quello che le varie inchieste portano alla luce, perché ndrangheta, mafia e camorra sono già pronte ad avvolgere nei propri tentacoli i grandi investimenti di denaro pubblico che Stato ed Europa si apprestano a varare.


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