Storytelling, web journalism, news coverage. La tratta degli esseri umani nella comunicazione postmoderna

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Duemilaottocento e più[1].
Questo numero si riferisce alle prese in carico delle persone censite nell’ambito degli interventi anti-tratta ed è estrapolato dal sistema informatizzato di raccolta dati (SIRIT) per il biennio 2017-2019.

La lucidità dei numeri non lascia spazio ad interpretazioni, la narrazione dei fatti invece è imbrigliata a volte da verità alternative e post-verità[2], per cui sono fabbricate delle spiegazioni strumentali ad uso di élite[3] su determinati avvenimenti. Fondamentale è il ruolo del giornalista che non si accontenta mai della verità ufficiale, che è accompagnato sempre da un dubbio laico e che ha ben presente la distinzione tra verità storiche e verità giudiziarie. Una parte degli avvenimenti viene giudicata e raccontata sulla base di quanto quell’avvenimento incida in senso positivo o negativo sull’ordine della società, in quel dato momento, in quel presente. Col passare del tempo, scemata l’onda emotiva con cui a volte si descrive un fatto, gli accadimenti vengono riletti e sezionati più freddamente. Centralità quindi deve essere data a quella fetta di giornalisti che hanno il tempo di approfondire, che non sono degli “storici del presente”, per usare un’espressione cara ad Umberto Eco, ma che indagano nelle retrovie degli avvenimenti, perché quello che manca, pur in un mondo totalmente connesso e che si sviluppa apparentemente sotto i nostri occhi, attraverso i social media, è l’indagine di quello che sta dietro e che noi non vediamo[4]. C’è una grande esigenza di trasparenza, senza la quale una società non può dirsi democratica. Allora lo spartiacque sta nei retroscena. Benché si creda che gli avvenimenti che scorrano dinanzi a noi non abbiano bisogno di intermediari o di spiegazioni ulteriori, non è così. Quando si è testimoni in diretta di ciò che avviene su una determinata timeline si ha la presunzione di non avere bisogno di altre chiavi di lettura, mentre l’aspetto più ingannevole dell’informazione contemporanea cova lì: nell’immediatezza del web e nella mancanza di profondità, per potere garantire brevità e concomitanza tra il lancio della notizia e lo svolgersi dell’evento, si depaupera tutti di un’informazione di qualità, in nome della quantità e dell’attualità o forse del gradimento dettato da un like. Le verità stanno dietro le quinte della rappresentazione scenica quotidiana delle notizie[5].

Noam Chomsky[6] nei suoi scritti costringe a guardare quello che è sotto gli occhi di tutti, ma tutti si rifiutano di vedere, perché <<assuefatti al discorso ufficiale>> e prigionieri di una memoria autorizzata che troppo dimentica. La sua logica stringente e impietosa però non conduce alla resa, ma alla convinzione saldissima che ognuno possa fare qualcosa per cambiare la storia.

Disegnando e restringendo i contorni dell’analisi che si vuole condurre, va premesso che l’informazione sul fenomeno migratorio, specie quello proveniente dall’Africa centro-occidentale, è stata consegnata spesso alle sezioni della cronaca nera, connotando i caratteri dell’insicurezza e dell’emergenza nazionale, ascrivendo tutto sotto il frame dell’invasione, a volte soffiando sul fuoco degli umori popolari, altre cavalcando stereotipi e titoli sensazionalistici o che ricorrono ad un frequente calembour[7] a beneficio di editori e visualizzazioni, altre ancora prestando il fianco ad una politicizzazione del tema, visto l’uso frequente negli speeches dei politici. Le storie positive di integrazione ed affermazione individuale dei migranti, le loro voci, affidate a poche rubriche di buone notizie o all’interno dei servizi delle reti generaliste.

Il VII Rapporto di “Carta di Roma” 2019 ci dice che la frequenza e coverage delle notizie relative ai migranti sui giornali e sui notiziari televisivi è stata elevatissima. Nel primo semestre del 2019, le notizie dedicate all’immigrazione toccano i valori più alti dell’ultimo decennio, insieme a quelli del II semestre 2017.

I giornali mainstream hanno parlato quindi assiduamente degli immigrati anche nel 2020, almeno fino all’arrivo della pandemia da Covid-19, che ha schiacciato su di sé tutto ciò che fosse notiziabile.

Si noti, tuttavia, il dato in crescita delle notizie legate ai migranti sulle prime pagine dei quotidiani nazionali (30% in più nel 2019 rispetto al 2018), mentre stabile risulta il dato nei telegiornali in prime time con il I semestre del 2019, che vede il numero più alto di servizi dedicati all’immigrazione degli ultimi 15 anni. Nonostante l’immigrazione sia in prima pagina, i migranti però continuano a non apparire mai i destinatari dell’informazione, pur essendo quest’ultima un bene di prima necessità, indispensabile per conoscere le realtà e i codici del paese d’accoglienza e per integrarsi[8], ma anche in termini di diritto alla salute. Si pensi all’informazione di utilità sociale e sanitaria legata all’emergenza coronavirus che è mancata ai migranti da parte dei media, ma che è stata invece diramata, anche in versione multilingue, dai siti ministeriali o di realtà associative[9].

Utile al fine di condurre una considerazione generale sull’argomento è ribadire il diritto-dovere dell’informazione di restituire alla collettività un racconto franco e la responsabilità esercitata dai media in ordine alla costruzione della notizia. Quest’ultima, infatti, impatta sulla percezione sociale. I mass-media hanno il potere di detenere alcune password interpretative che orientano la conoscenza collettiva, fungendo da agenti di riduzione o amplificazione.

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[1] Il dato riportato vuole evocare il ricordo di “Sixty millions and more”, “Sessanta milioni e più” di afroamericani ridotti in schiavitù, epigrafe del romanzo Amatissima (Beloved nel titolo originale), vincitore del premio Pulitzer nel 1988 e scritto da Toni Morrison, Premio Nobel per la letteratura nel 1993.

[2] Gli Oxford Dictionaries ci indicano quale prima attestazione di post-truth il 1992. In quell’anno Steve Tesich, in un articolo apparso sulla rivista “The Nation”, scriveva a proposito dello scandalo e della guerra del Golfo Persico: «we, as a free people, have freely decided that we want to live in some post-truth world» (noi, come popolo libero, abbiamo liberamente deciso che vogliamo vivere in una sorta di mondo post-verità). Un’interpretazione di post-verità ritiene questo lessema: un modo gentile e sociologicamente colto per parlare di menzogna.

[3] In Media e potere, Noam Chomsky riassume la relazione tra media, potere e controllo sociale. Una riflessione schietta sulle tattiche di addomesticamento e massificazione dell’individuo.

[4] Si allude al mito della caverna di Platone, uno dei più conosciuti tra i miti o allegorie o metafore del filosofo ateniese, la cui simbologia applicata alla comunicazione è sviluppata più avanti. Il mito è raccontato all’inizio del libro settimo de La Repubblica (514 b – 520 a).

[5] Visioni sul giornalismo, tratte da un’intervista web, in diretta facebook, a Ferruccio De Bortoli, Direttore del Corriere della Sera, il 3 aprile 2020 http://www.avveniredicalabria.it/6950/attendiamoci_promuove_i_talk_su_facebook_ecco_i_prossimi_ospiti.html

[6] Avram Noam Chomsky, considerato uno dei maggiori linguisti viventi, è filosofo, scienziato, teorico della comunicazione. Professore emerito al Massachusetts Institute of Technology. Chi sono i padroni del mondo, Milano, Ponte alle Grazie, 2016.

[7] /kal ‘bur/, it. /kalam’bur/ s. m., fr. [etimo incerto]. – [accostamento di parole di suono simile ma significato diverso] ≈ bisticcio, gioco di parole. ‖ allitterazione, battuta, doppio senso, freddura.

[8] Rapporto Censis, L’immagine degli immigrati e delle minoranze etniche nei media.

[9] Il Ministero della Salute ha diffuso il decalogo dei comportamenti da seguire, tradotto dall’associazione Naga in più lingue: https://naga.it/2020/02/23/traduzioni-decalogo-del-ministero-per-il-coronavirus/ Lingue disponibili: inglese, francese, spagnolo, arabo, cinese, rumeno, albanese, somalo, urdu, portoghese, bengali, punjabi, russo, amarico, tigrino, cingalese; Il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ha diffuso le domande e risposte frequenti sulle misure adottate nel decreto #IoRestoACasa: https://www.esteri.it/mae/it/ministero/normativaonline/decreto-iorestoacasa-domande-frequenti;  Jumamap, la piattaforma realizzata da Arci con il supporto di UNHCR, offre una raccolta completa di risposte a domande frequenti, insieme a un vademecum sui comportamenti da seguire in più lingue e informazioni su bonus e lavoro di cui al Decreto Cura Italia https://coronavirus.jumamap.com/it_it/; il Grande Colibrì, pagina con video informativi sulla trasmissione del COVID-19 e sulle nuove normative anti-contagio in un numero di lingue in costante aggiornamento: https://www.ilgrandecolibri.com/coronavirus-spiegato-migranti-asilanti/;  Arca di Noè Coop. Soc ha realizzato video informativi multilingue:
https://www.arcacoop.com/stopcovid19-campagna-multilingue/; l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) ha realizzato una breve brochure multilingue con le procedure da adottare per il Coronavirus:  https://italy.iom.int/sites/default/files/news-documents/LeafletIOMCovid19.pdf.


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