Salvo Palazzolo insultato dal fratello del boss. Solidarietà dal mondo dell’informazione

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Salvo Palazzolo ha raccontato su Repubblica cosa stava accadendo nel quartiere Zen e in specie la distribuzione di generi alimentari da parte del fratello di un boss della droga. Questo gli è costato una sequela di minacce. “Giornalisti peggio del coronavirus… infame, pagliaccio, bastardo, buffone…”  Tutto in un post su Facebook nel quale, peraltro, c’era anche una sorta di “chiamata” contro il giornalista. Ecco cosa ha scritto Giuseppe Cusimano: “Signori lo Stato non vuole che facciamo beneficenza xche siamo mafiosi e apposto di ringraziare mi fanno sti articoli. Ok x aiutare la gente e sfamare la gente sn orgoglioso di essere mafioso.. da questo momento nn dono più niente.. Signori lo Zen nn lo vogliono cambiare le istituzioni ora l’avete capito”.  Secondo quanto riportato nell’articolo “incriminato”  Cusimano, fratello di Nicolò, distribuiva generi alimentari ai residenti del posto, i più poveri del quartiere. Un’informativa dei carabinieri fa menzione di un incontro tra Giuseppe Cusimano e il boss Calogero Lo Piccolo più altri mafiosi.

Solidarietà a Salvo Palazzolo dal mondo dell’informazione. “Giornalisti peggio del coronavirus” e poi ancora infame, pagliaccio, bastardo, buffone e molti altri messaggi di offese e minacce. Tutto contro il collega Salvo Palazzolo, “colpevole” di aver raccontato la distribuzione di generi alimentari allo Zen da parte del fratello di un boss della droga”. Lo scrive Paolo Borrometi, presidente di Articolo21. “E’ una chiamata a raccolta pericolosissima quella contro Salvo che, siamo certi, non si farà intimidire. Non sono i giornalisti ad essere “peggio del coronavirus”, ma la mafia ed i suoi sodali. Questo è poco ma sicuro. E Salvo, che racconta ogni giorno quei territori difficili, lo sa bene. Grazie Salvo, ancora una volta”.

L’Ordine dei giornalisti della Sicilia che in una nota scrive: “Un cronista attento non può non porsi la domanda  se dietro a quell’atto di beneficenza non ci fosse piuttosto il tentativo da parte di ambienti mafiosi di rafforzare il proprio consenso sociale”.  “Con il collega Palazzolo – scrive in una nota l’Associazione siciliana della stampa – ci chiediamo se questa è solo generosità oppure una forma di controllo del territorio e di acquisizione del consenso sociale da parte di frange malavitose. E anche l’Unci Sicilia ha sottolineato come “le intimidazioni e le minacce attraverso il web rappresentano la nuova emergenza dell’informazione cui occorre fare fronte velocizzando le procedure di identificazione degli autori e, se è il caso, predisponendo ulteriori modifiche normative”. Per il Presidente della Commissione regionale antimafia Claudio Fava: “Peggio del coronavirus c’è solo la mafia. Se il signor Giuseppe Cusimano vuole il bene dello Zen e della sua città, se lo metta in testa. Le sue minacce al giornalista Palazzolo, a cui va l’abbraccio mio e di tutta la Commissione Antimafia dell’Ars, sono ridicole ed offensive”.

“Sono gravissimi gli insulti e le accuse rivolte attraverso i social a Salvo Palazzolo, cronista di Repubblica, dopo la pubblicazione di un articolo in cui racconta di come un pregiudicato di Palermo stia partecipando in questi giorni alla distribuzione di generi alimentari e altri beni di prima necessità in alcuni quartieri popolari del capoluogo siciliano. La FNSI  – dichiarano Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario generale e presidente della Federazione nazionale della Stampa Italiana  –  ha segnalato l’accaduto al ministero dell’Interno affinché il caso sia esaminato nella prossima riunione dell’Osservatorio per la sicurezza dell’informazione. Riteniamo indispensabile che per questo caso, così come per le minacce di cui continuano ad essere vittime il direttore di Repubblica Carlo Verdelli e il giornalista Paolo Berizzi, sia necessario avviare un’azione investigativa per risalire non soltanto alla catena degli esecutori materiali, ma anche a quella dei mandanti. Un Paese che considera fondamentale la libertà di stampa non può rinunciare a perseguire chi pensa di impedire ai giornalisti di fare il loro lavoro”.

 


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