Coronavirus: lo specchio di un’Italia refrattaria alle regole

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La paralisi che il coronavirus ha inflitto all’Italia per quanto giusta non è facilmente sopportabile. Non lo è rispetto all’economia, perché ha messo in ginocchio il nostro sistema produttivo. Moralmente, perché ha leso la libertà di tutti noi. Politicamente, perché ha mostrato la presunzione di pochi. Le giuste ragioni degli scienziati, dunque, nulla possono per lenire il disagio di restrizioni che vanno molto di là dalle regole, anche non scritte, senza le quali non c’è convivenza possibile. Come non le possono giustificare gli eventuali errori, distrazioni e sottovalutazioni da parte del Governo. Finito il blocco, c’è da chiedersi quali sono le prospettive future nel nostro Paese?

Il blocco, infatti, è stato solo l’ultimo, e più esplosivo di una serie di episodi che vedono regolarmente penalizzati e mortificati l’interesse di tutti a muoversi, a viaggiare, a produrre e, perché no, a divertirsi. Blocchi di autostrade e linee ferroviarie, chiusure di attività, tuttavia, mostrano di volta in volta singoli spezzoni della società italiana, dei nostri affari e delle nostre vite. In una parola, del nostro concetto di libertà. Ci domandiamo a questo punto perché solo in Italia, le regole, per quanto ingiuste ma necessarie, non sono rispettate proprio dai cittadini? Probabilmente, perché nel nostro Paese è più debole che in altri un vago sentimento di cosa implichi lo stare insieme, un sia pur flebile spirito civico, una parvenza d’interesse generale. La politica ha le sue colpe ma, troppo spesso, è nei propri comportamenti, quelli di cui si è responsabili, che gli italiani non mostrano per nulla attenzione maggiore e sensibilità diversa rispetto allo stile che s’imputa ai politici. I quali, dunque, in questo appaiono lo specchio fedele del Paese che rappresentano: appena può, ciascuno esercita il potere di cui dispone con arroganza e senza ritegno.

I divieti imposti dai vari decreti del Governo sono non di rado regole date al vento. Ricostruire uno spirito civico, un senso di comunità, richiederà del tempo. Probabilmente, delle generazioni. Sarebbe anzi il caso di cominciare a farlo subito, laddove si formano i cittadini di domani: nelle scuole. Perché in questa fase di chiusura non si è approfittato per fare della sana e buona educazione civica? Nelle scuole urge ripristinare la trasmissione della regola che la propria libertà si arresta dove viola quella degli altri. Affermare l’immagine dello Stato non come procacciatore di privilegi per pochi ma come custode dei diritti di tutti. In attesa della formazione di una generazione di cittadini più morigerati, però, qualcosa bisognerà pur cominciare a fare. Occorrerebbe affrontare uno dei problemi che mi ha maggiormente sconcertato: l’idea dell’impunità e il menefreghismo nell’inosservanza delle regole.

L’impunità è appunto quella, assoluta, di cui vogliono godere i singoli a discapito dei gruppi. Nella commissione di tali infrazioni mi colpisce ancor di più l’impotenza dello Stato nel non reagire all’inosservanza delle regole. Qui il Governo ha responsabilità palesi perché la reazione appare sempre lenta e asfissiata. Abbiamo sentito dire ad alcune pubbliche autorità di “non usare il pugno duro ma di essere tolleranti”. Onestamente mi sarei aspettato misure concrete ed efficaci: messa a disposizione di uomini e strutture (Protezione civile, Esercito, Forze di polizia) per assicurare il rispetto delle regole più urgenti e di vitale importanza per le persone. Alla fine, bisognerà pur chiedersi perché bloccare l’Italia se poi i singoli cittadini sono i primi a non rispettare le regole della civile convivenza e a rendere vani gli sforzi che si stanno facendo per evitare il dilagare del virus. Un segnale concreto che i reati restano tali sempre e come tali vanno sanzionati occorrerà cominciare a darlo: se non vogliamo che, appunto, l’arbitrio del cittadino diventi endemico e generalizzato. In gioco, in questi mesi non sono solo le fondamenta di una società civile (che già non è poco) ma la salute pubblica. Ho potuto verificare ancora una volta i costi di una società anarcoide, dove ognuno crede di poter fare il proprio comodo a discapito degli altri. Riflettiamo su questi aspetti affinché diventino un motivo di più per non abbassare la guardia nel rispetto delle regole. E’ ora che l’uomo decida se professare l’altruismo o scegliere ancora l’egoismo distruttivo.


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