La sentenza nel processo “Stormfront” per Paolo Berizzi? “Una bella notizia”

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Ventiquattro condanne con pene da uno fino a 3 anni e 10 mesi in violazione della legge Mancino. “Il messaggio chiaro è che odiare costa. Se odi, paghi” prosegue il giornalista che aggiunge: “La magistratura fa il suo corso, purtroppo lento, ma le pene inflitte dalla prima sezione penale del Tribunale di Roma sono davvero una buona notizia in questo periodo in cui riaffiorano pulsioni, sentimenti e atti legati ad un passato oscuro e cupo che qualcuno vorrebbe resuscitare”.
Berizzi avanza poi una proposta che ha qualcosa a che fare con le svastiche e le scritte razziste sulle porte di casa che si susseguono in queste settimane. “Quella sentenza andrebbe scritta sulle porte di ogni singolo condannato. Odiare costa, anche in Italia quindi” ripete.

La cronaca: gli imputati tra il 2011 e il 2012 avevano pubblicato sulla sezione italiana del forum neo-nazista messaggi contro immigrati, ebrei e personaggi pubblici. Nel procedimento si sono costituiti come parti offese lo scrittore Roberto Saviano, l’ex sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini e l’Unione comunità ebraiche. Tra le  accuse contestate: incitamento all’odio razziale, minacce e, per l’appunto, la violazione della legge Mancino. Il passaggio fondamentale è che è stato riconosciuto il delitto associativo anche se tutti i reati sono stati commessi online. Specchio dei tempi dunque è il doppio e ancor più pericoloso canale: la rete e la piazza. “La rete è una sorta di passamontagna che viene usato da chi si aggrega spontaneamente online. Nel caso specifico poi questi soggetti avevano stilato una lista di proscrizione di persone sgradite contro le quali riversare il proprio odio. Solo a parole? Chi può saperlo, di certo avevano messo in atto una progressione al negativo che la magistratura ha fatto bene a punire severamente. Il mio augurio è che serva come monito – osserva Berizzi – anche se non sono ottimista” ammette.

Altri particolari della vicenda “Stormfront”: nel 2012 Daniele Scarpino fondatore del sito italiano fu arrestato dalla Digos capitolina. Secondo gli inquirenti, oltre alla propaganda antisemita e neonazista, erano pronti ad entrare in azione contro alcuni campi nomadi romani. Gli indagati, oggi condannati, avevano in casa mazze, coltelli e sbarre di ferro. Dalla rete alla piazza dunque il passo è breve. Lo stesso Berizzi ammonisce: “I picchiatori sono sempre pronti ad agire”. Ma secondo il giornalista e scrittore il pericolo è per chi vuole emulare, a volte anche inconsapevolmente. L’immagine di ciò che stiamo vivendo è più o meno quella di chi ha sollevato il coperchio di una pentola colma di brodo nero: antisemitismo, rigurgiti neo fascisti e neo nazisti. Discriminazioni in genere. Questa sentenza quindi, per Berizzi, non chiude la pentola ma appoggia il coperchio poco sopra. Questo è un bene, ma è ancora troppo poco.


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