L’informazione riparta dal lavoro. E dall’uso corretto e responsabile delle parole

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Il settore dell’informazione deve ripartire dal lavoro. Nessuno deve farsi illusioni: gli interventi previsti dal governo nella manovra di bilancio per il 2020 sono soltanto pannicelli caldi. Mancano misure strutturali per dare stabilità al sistema e porre le basi di un rilancio ineludibile. Aver finanziato altri prepensionamenti senza affrontare il tema del contrasto al precariato e della cancellazione dall’ordinamento di una vergogna chiamata “collaborazioni coordinate e continuative” finirà per aggravare la situazione dell’Inpgi e ampliare l’area del lavoro irregolare. Certo, rispetto alla prima stesura la norma è stata resa meno devastante, accogliendo alcuni dei rilievi della FNSI (e di questo va dato atto al sottosegretario all’editoria, Andrea Martella), ma a questo punto serve un cambio di passo.

Il lavoro deve tornare centrale. Non soltanto nel settore dell’editoria, ma nel Paese. La strada è quella indicata dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel messaggio rivolto al mondo politico, alle forze sociali e alla società civile in occasione della cerimonia per gli auguri di Natale. Nel settore dell’informazione questo significa rimettere al centro il tema della lotta al precariato, che non può passare attraverso il solo tavolo per l’equo compenso. Contrastare il precariato significa ridare dignità alle migliaia di colleghi che svolgono attività di lavoro dipendente senza diritti, senza garanzie e senza tutele. Occorre uno sforzo legislativo per includere nell’area del lavoro dipendente chi oggi è precario. Il lavoro regolare non è soltanto la premessa per un’esistenza libera e dignitosa, ma è il pilastro su cui è poggiata la previdenza: nessuno può pensare di mettere in sicurezza i conti dell’Inpgi prescindendo dall’occupazione regolare.

Per questo, aver congelato – con una norma ad hoc nel decreto milleproroghe – la possibilità che l’Inpgi fosse commissariato non è un punto d’arrivo, ma un punto di partenza. Già alla ripresa di gennaio, è necessario che il governo mantenga gli impegni assunti e attivi i tavoli per il lavoro e per la messa in sicurezza dell’Istituto di previdenza, a partire dall’allargamento della platea degli iscritti. In mancanza di risposte convincenti, la FNSI metterà in atto gli strumenti di lotta – già approvati dai propri organismi – fino allo sciopero generale. Il sindacato dei giornalisti intende creare un ampio coinvolgimento su questo percorso. Per questa ragione, il 9 gennaio si riunirà la conferenza nazionale dei comitati e dei fiduciari di redazione.

I piani di ristrutturazione aziendale annunciati già per le prossime settimane, proprio per accedere ai prepensionamenti finanziati dal governo, devono diventare l’occasione di rilancio delle testate e dei prodotti editoriali, non semplici momenti per distruggere occupazione regolare e ampliare l’area del lavoro irregolare. Sarà necessario uno sforzo di responsabilità collettiva anche sul piano della qualità e delle credibilità dell’informazione. Il giornalismo deve favorire l’uso corretto e responsabile delle parole. Anche per questo, la FNSI sarà ad Assisi, il 24 e 25 gennaio prossimi, per partecipare insieme con Articolo 21 ed altre associazioni, alle iniziative per contrastare il linguaggio dell’odio.

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