2019 Annus horribilis: un’Italia smarrita e rassegnata

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Annus horribilis è un’espressione derivante dalla lingua latina, il cui significato è «anno orribile». Il termine caratterizza una serie di eventi negativi susseguiti nel corso dei 12 mesi se pur riferibile principalmente al comparto economico e alla politica. Il 2019 si può definire un annus horribilis? Se riavvolgiamo il nastro dei mesi trascorsi, l’Italia si è dimostrata un paese contagiato dall’odio e da una dilagante subcultura dove il razzismo si nutre di una narrazione falsificata e mistificata, responsabile di aver intossicata le coscienze di molti italiani. Un odio capace di insultare solo per il gusto di scaricare le proprie pulsioni aggressive a vantaggio del proprio egoismo. Lo stesso Don Luigi Ciotti nell’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano spiega bene a quale pericolo andiamo incontro: «.. dobbiamo impegnarci di più per arrestare una perdita, anzi un’emorragia di umanità. Di cui sono vittime innanzitutto i deboli e gli esclusi, le persone che non hanno voce, né diritti, i poveri, gli emigrati, i giovani». La litigiosità ha creato un divario insanabile che si ripercuote su tutti e dove la società italiana quella sana, dotata di anticorpi cerca di respingere le parole come pietre, gli insulti, l’acredine e la rabbia verso un ipotetico nemico. Ogni azione, comportamento, gesto divisivo atto ad escludere, a discriminare chi riteniamo diverso. Alzare la voce per scagliarsi contro l’altro con modalità il più delle volte anonime o mascherate: l’uso sconsiderato dei social come un megafono per commentare notizie di cronaca scatenando reazioni scomposte. Oltre la presunzione di avere ragione a prescindere con l’aggravante di lanciare accuse infamanti a chi non può difendersi. I veri problemi come la corruzione, l’evasione delle tasse, la criminalità organizzata, il femminicidio dai numeri impressionanti (in questo caso si sprecano teorie accusatorie spesso rivolte verso le vittime), e ancora, i tanti, troppi morti sul lavoro, vengono scientemente trascurati.

“Chi ci porta via il lavoro” oppure “non sono razzista ma…”; “aiutiamoli a casa loro” , “se l’è cercata”, sono frasi ricorrenti, con la complicità di molti media dove il linguaggio utilizzato suscita odio. Come non dare ragione a Zucchero Fornaciari intervistato dal Fatto Quotidiano: «devo ammettere che in nessun altro Paese come l’Italia vedo questa rassegnazione e questo spegnimento». Paolo Villaggio già nel 2017 vedeva nell’Italia un “Paese triste e rassegnato”: la mancanza di sentimenti di solidarietà si ripercuote in noi stessi e procura infelicità. Nel corso della trasmissione Prima Pagina su Radio Rai 3 un’ascoltatrice ha telefonato al conduttore (ogni settimana un giornalista a turno legge e commenta i giornali) denunciando il suo dissenso verso titoli di giornali dai toni violenti: «abbassate i toni perché la gente è stanca…». Un accorato appello a far sì che l’informazione vigili sul comportamento dei politici e delle istituzioni, (e non ultimo sul fenomeno della migrazione clandestina, sui reati commessi da italiani), comprensiva però di una obiettività etico deontologica sempre più rara. Un 2019 da dimenticare e l’unico augurio per l’anno che verrà di ritrovare maggiore coesione sociale e un clima meno esasperato. Le piazze si sono riempite di tanta gente ma non basta per credere sia sufficiente: l’Italia ha bisogno di essere risollevata dal suo declino morale e culturale


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