Il nazi-fascismo, un nemico mai domato 

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Direi che con la scoperta di un ricostituendo Partito nazionalsocialista dei lavoratori declinato in salsa italiana, parodia da prendere non poco sul serio dello NSDAP hitleriano che condusse la Germania e l’intera Europa nell’abisso, la misura sia colma. E no, non ha alcun senso continuare a minimizzare, a ironizzare e a perdersi in sottigliezze, al cospetto di un nemico, perché di nemico si tratta, che si sta organizzando sempre più capillarmente per provare a sovvertire l’ordine democratico.
Nel momento in cui una campionessa nigeriana della Juventus Women, Eni Aluko, decide di lasciare l’Italia perché stanca del razzismo, neanche troppo velato, di cui viene fatta oggetto a Torino, nel momento in cui in Europa, e in particolare nell’Ungheria di Orbán, gli episodi di violenza e simil-nazismo nei confronti degli ebrei hanno raggiunto l’apice, non si può tacere.
Il ripudio di ogni fascismo deve essere riaffermato con veemenza, quale condizione imprescindibile per accostarsi alla cosa pubblica. Chiunque si dica fascista o abbia comportamenti simili non puo essere ammesso nel dibattito politico. Se un esponente di un qualunque partito rivendica apertamente il suo essere fascista, bisogna far sì che decada, come prevede la Costituzione e, in attuazione di essa, ben due leggi, firmate non da noti sovversivi ma da due moderati come Scelba e Mancino.

E poi occorre la scorta mediatica, la massima attenzione verso simboli e soggetti entrati nel mirino come l’ex presidente della Camera, Laura Boldrini, e il cronista di Repubblica, Paolo Berizzi. Occhio, perché con il fascismo non si scherza e sottovalutare non è più ammissibile. Quanto alle minacce rivolte a Emanuele Fiano, anche lui del Partito Democratico, e alla senatrice a vita Liliana Segre, accomunati dallesperienza, familiare in un caso e personale nell’altro, di Auschwitz, sono i simboli del degrado nel quale siamo sprofondati. Se anche la memoria storica si deve difendere dal fango di accuse e ingiurie intollerabili, significa che abbiamo oltrepassato il livello di guardia, la soglia psicologica della decenza e che si è aperta una stagione nella quale è lecito attendersi di tutto.
Guai a sottovalutare quanto sta accadendo, guai a pensare che il nazi-fascismo montante possa essere fermato con la normale lotta democratica, guai a considerarlo un avversario o, peggio ancora, un interlocutore, anche se un tantino eccessivo. Guai, insomna, a commettere gli stessi errori di quanti, un secolo fa, si illudevano di poter ricondurre alla ragione un personaggio, Hitler, il cui obiettivo dichiarato era l’annientamento di una razza e la trasformazione dell’Europa nel parco giochi della Germania, in una versione portata alle estreme conseguenze di un pangermanesimo diffuso e con solide basi ideologiche e di consenso.
Guai a sottovalutare anche il plauso che questi gruppi, sempre meno ristretti, ricevono da frange, talvolta insospettabili, dell’opinione pubblica. Quando si crea il branco, poi, è impossibile fermarlo. Quando passa l’idea che un campo rom vada abbattuto per principio, che gli zingari siano tutti ladri, che i neri vengano a rubarci il lavoro e che con l’immigrazione si debba utilizzare la mano pesante, quando stereotipi e pregiudizi la fanno da padroni, il nazismo è già fra noi. E se ci sono forze politiche che lucrano sulla paura, sullo sconforto, sulla solitudine e sul senso di abbandono di masse fiaccate da una globalizzazione sregolata, mi spiace dirlo, ma non si può pensare di scrivere con esse le regole del gioco democratico perché questi soggetti hanno scelto espressamente di porsi al di fuori della Carta costituzionale.
Il moderatismo di una parte della sinistra, la sua prudenza esasperante e i toni addirittura concilianti che abbiamo ascoltato in più di un’occasione segnano la resa delle istituzioni democratiche al cospetto di un movimento che va ben oltre il Parlamento, che sfocia nella società e si manifesta in essa in tutta la sua abiezione.
Il governo giallorosso è nato, in estate, anche per svelenire il clima, per liberarci da certi toni, da certi temi del dibattito quotidiano, da certe storture e da certe esagerazioni. È nato per marcare la differenza e rendere tangibile la discontinuità rispetto al passato. O almeno così ce lo avevano presentato e noi, in buona fede, così lo avevamo inteso. Se ci hanno preso in giro, decidendo, al contrario, di porsi in continuità con il cattivismo imperante, lo dicano chiaramente. Non sapremo più per chi votare ma, quanto meno, sapremo di sicuro per chi non votare.


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