Per la Corte di Cassazione non c’è “mafia capitale”. Ma sono esistite due associazioni con forte capacità corruttiva

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Per la Corte di Cassazione non c’è l’aggravante mafiosa nell’associazione criminale che a Roma aveva un sistema di affari economici imponenti e grandi capacità corruttive verso la politica e pezzi di burocrazia. Dunque cade anche la definizione di “Mafia capitale” dell’omonima inchiesta incentrata su due figure di spicco, Massimo Carminati e Salvatore Buzzi. La decisione è arrivata lunedì sera e per il collegio di difesa che da sempre aveva contestato il vincolo di tipo mafioso si tratta di una vittoria importante. La stessa sentenza ha però ribadito che sono state operative a Roma due distinte associazioni a carattere delinquenziale, pur non trattandosi di mafia. Il processo era iniziato dopo gli arresti del dicembre 2014 sul cosiddetto “Mondo di mezzo” da una frase, divenuta celebre, pronunciata dall’ex Nar, Carminati. Per quest’ultimo, nonché per Buzzi, ex presidente della cooperativa 29 giugno, e per altri imputati, come il consigliere regionale Luca Gramazio, cui era stata contestata  l’associazione di stampo mafioso, ci sarà un processo d’appello bis per il ricalcolo delle pene alla luce in considerazione appunto della esclusione del reato di associazione mafiosa derubricato in associazione per delinquere semplice. La Procura generale aveva chiesto la conferma dei reati di mafia per i 17 imputati che avevano già avuto la condanna per gli stessi in sede di merito, con eccezione per Roberto Locopo, che avrà un nuovo processo. I reati di mafia erano stati riconosciuti dalla Corte d’Appello, che a sua volta aveva ribaltato il giudizio di primo grado. Resta intatto l’impianto relativo alla corruzione gravissima e ramificata in diversi settori e per questo i condannati per tali reati in via definitiva sono stati arrestati a poche ore dalla pronuncia.

(nella foto la fase degli arresti)


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