Il ministro Salvini a Sabaudia mentre la città conta i beni confiscati

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Forse non lo sa, ma il Ministro dell’Interno sta per mettere piede in uno dei luoghi più belli e difficili del Lazio. Che è bella, Sabaudia, si vede ad occhio nudo. Decantata da Moravia, all’ombra della maga più famosa della letteratura mondiale. Ma c’è anche ciò che non si vede, o che molti non hanno voluto vedere, ossia un impressionante elenco di beni confiscati alla malavita organizzata, prova inconfutabile che lì la mafia c’è stata e bene, a dispetto di tutto il negazionismo durato anni e che ancora sopravvive.

Il palco è pronto, transenne già predisposte ai lati della piazza razionalista, la Digos ha svolto i primi sopralluoghi: il Ministro dell’Interno è atteso a Sabaudia al pari della rock star che si esibirà poche ore dopo, sullo stesso palco. Probabilmente anche questa è una delle piazze del Sud del nuovo tour politico del vicepremier della Lega, nonostante siamo a soli settanta chilometri da Roma e con una quota rilevantissima di vip capitolini che hanno stabilmente occupato il lungomare in questa settimana nel cuore di agosto.

Il Ministro dell’Interno arriva nella più tradizionalista delle città pontine fondate da Benito Mussolini, in un momento molto delicato e chissà se ne conosce il motivo: proprio in questi giorni il Comune, sì il palazzotto anch’esso razionalista sotto al quale terrà il comizio, sta impegnando mezzo staff per acquisire uno dei più importanti patrimoni confiscati alla criminalità organizzata, ben 50 beni tra appartamenti e terreni appartenuti a Salvatore Di Maio, l’eclettico signore col cappello dalle larghe falde, considerato vicino al clan Cava anche se in sede penale è uscito indenne. Ma il suo impero no, quello per il Tribunale, e poi per la Cassazione, è stato il provento dei suoi contatti con le organizzazioni campane, tanto più che aveva un reddito assolutamente sottodimensionato rispetto ai beni accumulati. E’ stato un uomo potente Di Maio. Rispettato, temuto, con un qualche seguito elettorale, visto che riuscì a far eleggere in consiglio comunale la figlia Rosa, in una lista di centrodestra. Ed era prevedibile, poiché da queste parti la sinistra vive di pochi consensi da sempre.

Per decenni Salvatore è stato un intoccabile, anzi uno di cui era meglio essere amico ed è diventato il padrone di decine di locali in pieno centro poi affittati a commercianti. Ha anche acquisito terreni appetibilissimi sul piano urbanistico, qui e lì nella città dove tutti vorrebbero avere una casetta per l’estate, pure abusiva va bene, anzi meglio. Per una città di poco più di ventimila abitanti prendere in carico i beni del vecchio Salvatore non è uno scherzo e rimetterli a posto per destinarli a scopi sociali sarà ancora più arduo, con zero fondi per di più. Il sindaco, l’avvocato Giada Gervasi, che la storia di Salvatore Di Maio l’ha seguita praticamente in diretta, non si scoraggia ma sa che questa fase è una delle più delicate della storia della sua città. Perché quelle confische sono la prova della mafia esistita ed esibita a Sabaudia e non sono né le uniche né le ultime.

La partita non è chiusa: un mese fa ignoti hanno lasciato taniche di gasolio all’ingresso della sede del Parco Nazionale del Circeo, un luogo centralissimo oltre che simbolico. E c’è un duello sempre aperto sull’uso del lago di Paola: la prima a denunciare il rischio di un arrembaggio da parte di interessi illeciti è stata la proprietaria, la giornalista Anna Scalfati, che ancora cerca di evitare la divisione di uno dei luoghi più suggestivi d’Italia. Tutto questo non entrerà nella piazzetta in stile razionalista, nessuno vuole disturbare l’intervento politico di Matteo Salvini, il cui Ministero ha comunque competenza diretta su questi argomenti. Ma meglio non pensarci:  è agosto in una città di mare vivace e libera e la Lega da queste parti ha incamerato molti ex An, alcuni dei quali si ricordano eccome della stagione di Re Salvatore Di Maio. Gli argomenti scomodi della Sabaudia che non tutti conoscono stanno fuori da un simile scenario felice. Staranno lontani, ai margini delle Migliare realizzate per la famosa bonifica mussoliniana, anche le centinaia di braccianti agricoli sfruttati dalle maxi imprese della zona e che, secondo le denunce di Marco Omizzolo e della Cgil, sono collegate anch’esse con la filiera dell’agricoltura nera controllata dalla mafia. Buon comizio ministro, Di Maio è stato “espropriato” e i braccianti di colore sono nelle baracche e la festa può cominciare.


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