Finito l’incubo per Asia Bibi, salva in Canada con il marito e i figli

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Asia Bibi è finalmente salva, in Canada dove da tempo vivono i suoi cinque figli e si spera la furia estremista non possa raggiungerla.
La cristiana scampata alla pena di morte in Pakistan, dove era stata condannata per blasfemia, è arrivata nel continente americano a oltre tre mesi dalla definitiva conclusione della sua lunga battaglia giudiziaria, durata 8 anni, con il ricorso respinto contro la sentenza che il 31 ottobre l’aveva assolta.
“Asia si è ricongiunta alla sua famiglia” – ha detto alla Bbc l’avvocato, Saiful Malook che ha seguito la Bibi in questi anni spiegando che la donna, insieme al marito, è atterrata nella notte dopo aver ottenuto il giorno prima il ‘via libera’ dal governo pakistano.
Islamabad è riuscita quindi a ricomporre la frattura con i partiti religiosi che volevano impedire che la Bibi lasciasse il Paese.
Bracciante agricola, madre di cinque figli, cristiana in un Paese a maggioranza musulmana, nel 2010 è diventata il simbolo della persecuzione contro la minoranza religiosa. È stata la prima donna a essere condannata a morte in Pakistan in base alla controversa legge sulla blasfemia.
Il 16 ottobre del 2014 la Corte d’Appello aveva respinto le richieste di incostituzionalità avanzate dai difensori sulla pena che le era stata comminata ai sensi della sezione 295c del codice penale pakistano.
Il tribunale in primo grado aveva ritenuto che l’accusa di aver insultato il profeta Maometto durante un litigio con due donne musulmane, fosse suffragata da elementi sufficienti nonostante gli avvocati della Bibi sostenessero che la prova della sua presunta blasfemia fosse precostituita e che il caso giudiziario si basasse su un pettegolezzo.
Sembrava che i legali avessero convinto i giudici della Corte, ma questi ultimi avevano respinto il ricorso perché temevano, dopo aver ricevuto minacce di morte, per la loro incolumità. Vari esponenti dei gruppi religiosi che chiedevano l’esecuzione di Asia Bibi erano presenti in aula durante il dibattimento.
Dopo la conferma del verdetto di primo grado nel 2015 la Corte Suprema, alla quale si erano rivolti gli avvocati per chiedere l’assoluzione della donna, aveva sospeso la pena capitale.
Dal suo arresto, nel 2009, la Bibi è stata tenuta quasi sempre in isolamento allo scopo di proteggerla. La salute mentale e fisica della donna è andata deteriorandosi durante la permanenza in carcere. Come la sua sicurezza.
Nel dicembre 2010, un religioso islamico di primo piano aveva offerto mezzo milione di rupie pakistane (circa 4000 euro) a chiunque l’avesse uccisa. In passato si sono verificati molti casi di persone uccise dalla folla perché accusate di aver offeso l’islam e diversi attacchi contro chi aveva sollevato dubbi sulla blasfemia come reato, invitando a riformare la legge. Fra questi due politici che avevano provato a intervenire a difesa di Bibi. Uno di loro era il governatore della provincia del Punjab, Salman Taseer, ucciso a colpi d’arma da fuoco da una guardia del corpo nel 2011 dopo che aveva chiesto la grazia presidenziale per la donna. Inoltre il giudice che condannò il killer di Taseer fu costretto a lasciare il Paese. Alcuni militanti islamisti hanno rivendicato nel 2011 l’omicidio dell’allora unico ministro cristiano ad avere sfidato la legge sulla blasfemia. Il caso di Asia Bibi partì dalle accuse di due sorelle, che la accusarono di avere fatto commenti dispregiativi sull’islam.
In Pakistan le condanne per questo reato sono comuni e la maggior parte coinvolgono membri di minoranze religiose, ma fino al caso di Asia la pena di morte non era mai stata applicata.
Gli attivisti che si battono per i diritti dei perseguitati si augurano che il dibattito sul ricorso per Asia Bibi dinanzi alla Corte Suprema del Pakistan, con la decisione definitiva che ne ha decretato la scarcerazione nel novembre del 2018, sia anche l’occasione per rivedere l’applicazione del reato di blasfemia.
Tutti noi siamo felici per la fine del calvario di Asia, dopo oltre 2200 giorni di prigionia e sofferenza, ma ora non bisogna dimenticare le altre Asie in Pakistan e nel resto del mondo.


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