Non sono stata attaccata io come persona, ma tutta la categoria

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Non mi sono sentita sola e non ho avuto paura nemmeno per un secondo. Un attimo dopo aver scritto il post su Facebook ero già al sicuro. Il sostegno immediato dei miei colleghi, del mio sindacato, dei carabinieri e di parte delle istituzioni mi ha fatto sentire forte. Se devo essere sincera ci ho pensato su qualche istante prima di rendere pubblico l‘accaduto: “Vale la pena farlo sapere e dare spazio al gesto di questi balordi?”. Sì, ne valeva la pena, non potevo tacere. E così l’ho scritto, nero su bianco: “Stamattina mentre ero in Caserma a Giugliano per girare immagini dell’arresto degli estorsori del clan Mallardo qualche criminale amico dei criminali ha ben pensato di infilare un bel coltello dalla lunga lama in due ruote della mia macchina”.
Perché la gente deve sapere quello che viviamo tutti i santi giorni noi cronisti, precari e non. In 17 anni di giornalismo, di cui 8 dedicati alla cronaca nera, non mi era mai  accaduto di vivere un’esperienza del genere. Agli insulti oramai ci sono abituata, io come tutti i miei colleghi. Ma un atto intimidatorio così subdolo supera il limite del sopportabile.
Bisogna però specificare una cosa importante: non sono stata attaccata io come persona, ma tutta la categoria. Poteva capitare a chiunque, hanno scelto me e la mia auto per puro caso. Tutto questo è figlio dei tempi bui che stiamo vivendo. Il nostro è un mestiere costantemente sotto attacco. Quei balordi si sono sentiti legittimati dal clima di odio nei nostri confronti. Ad ogni modo, per fortuna, sono qui a scriverlo.

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