Cronaca giudiziaria, quel tassello mancante nelle linee guida del Csm

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Era cominciato con buone intenzioni il confronto tra giornalisti e magistrati sulla comunicazione giudiziaria e invece strada facendo è accaduto che si sono persi dei pezzi. Inspiegabilmente. Almeno per il momento. Il gruppo di lavoro composto da toghe e giornalisti aveva redatto le linee guida per l’organizzazione degli uffici giudiziari “ai fini di una corretta comunicazione istituzionale” ma il testo finale risulta diverso dalla bozza, come affermato da uno dei membri dello stesso gruppo di lavoro, Gianrico Carofiglio, che, in una intervista a La Repubblica, ha riferito che nella stesura del testo era presente un passaggio che non risulta nel testo finale e nel quale si esplicitava che le indicazioni contenute nel documento non potessero costituire in alcun modo prescrizioni rivolte ai giornalisti. Dunque la formula originaria salvaguardava non solo la libertà del giornalista di valutare in modo indipendente le notizie ma anche l’obbligo di pubblicare le notizie di interesse e rilevanza sociale.

Vanno ricordati a questo punto quali fossero gli obiettivi del gruppo di lavoro congiunto. Il primo era una corretta e imparziale informazione degli uffici giudiziari verso tutti i giornalisti e la tutela delle persone coinvolte nonché l’immagine del singolo magistrato procedente e dell’intero ufficio di riferimento. Insomma un modo per superare alcune smagliature con notizie uscite solo su una o poche testate o comunque in violazione del segreto istruttorio. Ma se questo era il fine legittimo e condivisibile, forse la conclusione effettiva del documento può diventare l’ennesimo ostacolo alla cronaca giudiziaria, già difficilissima specie in alcuni circondari giudiziari e soggetta e inedite iniziative contro i giornalisti con perquisizioni persino nelle redazioni. Emblematico quanto accaduto con la cronaca dell’inchiesta sui fondi della Lega, episodio arrivato peraltro dopo un’altra lunga e inquietante sequenza. E’ evidente che uno degli obiettivi del documento è a rischio, se non del tutto mancato. Le premesse del tavolo di confronto erano, in fondo, anche altre. Per esempio superare quello che è stato definito l’eccessivo appiattimento dei cronisti di giudiziaria sulle posizioni di alcuni pm. Critica mossa soprattutto dalle camere penali italiane che a supporto di questo argomento hanno pubblicato persino un libro bianco.

La Federazione della Stampa Italiana con un documento a firma del segretario Raffaele Lorusso e del presidente Giuseppe Giulietti ha già chiesto spiegazioni sul perché le linee guida siano state modificate nella parte della non applicabilità ai giornalisti. Le stesse linee guida, invece, specificano che sarà importante “
correggere o smentire informazioni errate, false o distorte, che possono recare pregiudizio alle indagini, ai diritti delle persone coinvolte o all’immagine di imparzialità e correttezza del singolo magistrato, dell’ufficio giudiziario e, nei casi più gravi, della stessa funzione giudiziaria”. Viene cioè ribadita la necessità di una corretta informazione ma non si ribadisce l’indipendenza del giornalista.

Eppure in premessa la commissione del Csm che si è occupata dell’argomento richiama espressamente “il quadro di precise indicazioni sovranazionali finalizzate a garantire che i media abbiano un corretto accesso alle notizie sull’azione del pubblico ministero e sull’esercizio della giurisdizione”. In particolare ci si riferisce alla
Raccomandazione Rec(2010)12 del Comitato dei
ministri del Consiglio d’Europa agli Stati membri, sul tema dell’indipendenza, efficacia e responsabilità dei giudici, adottata il 17 novembre 2010: I procedimenti giudiziari e le questioni relative all’amministrazione della giustizia sono di pubblico interesse. Il diritto all’informazione in materia deve però essere esercitato tenendo conto delle limitazioni imposte dall’indipendenza della magistratura. Deve essere incoraggiata la creazione di posti di portavoce giudiziario o di servizi stampa e comunicazione sotto la responsabilità dei tribunali o sotto il controllo dei consigli superiori della magistratura o di altre autorità indipendenti. I giudici devono dar prova di moderazione nei loro rapporti con i media”. Le linee guida della Settima Commissione del Csm si rifanno alla bozza emersa dal lavoro del gruppo congiunto, coordinato dal Primo Presidente Emerito della Corte di Cassazione, Giovanni Canzio e composto da Francesco Giorgino, Fabrizio Feo, Giovanni Minoli, Gianrico Carofiglio, Stefano Rolando, Giovanni Melillo e Antonio Mura. 

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