La Trattativa venticinque anni dopo 

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Venticinque anni dalla Trattativa fra Stato e mafia che ormai si può asserire, al di là di ogni ragionevole dubbio, che non solo ci sia stata ma che abbia segnato in maniera decisiva i successivi cinque lustri della nostra vita nazionale. Nella politica e nel costume, nel nostro stare insieme e nel rapido evolversi dei rapporti sociali, essendo la cosiddetta Seconda Repubblica nata non dal sangue della Resistenza bensì da quello delle stragi di mafia del biennio ’92-’93. Ricorre, a tal proposito, il venticinquesimo anniversario dell’attentato di via dei Georgofili a Firenze, con le sue cinque vittime, fra cui le sorelle Nadia e Caterina Nencioni, rispettivamente di nove anni e due mesi, e gli immani danni arrecati al nostro patrimonio artistico.

Venticinque anni dopo, in un’Italia in bilico, il sospetto atroce che quella destabilizzazione sia stata cercata e voluta da qualcuno per alterare i nostri già fragili equilibri affiora fortissimo ed è straziante l’idea di un Paese eterodiretto, in balia di poteri occulti, nemici dello Stato invisibili e potentissimi e una mafia che spesso non ha agito in maniera autonoma bensì attuando, dal ’47 in poi, un disegno che andava ben oltre la propria ferocia criminale.
Venticinque anni dopo, in un’Italia tragica, sola, abbandonata a se stessa, priva di prospettive e sconvolta dall’ansia per un futuro di cui non c’è traccia, ripensare a quella sera in via dei Georgofili accresce il senso di vuoto, di smarrimento e di sofferenza in tutti coloro che oggi si guardano intorno e si domandano se la storia di questo quarto secolo sarebbe potuta essere diversa. La risposta, a mio giudizio, è sì, e se le cose sono andate come sono andate non è stato certo un caso.

Inutile recriminare, inutile disperarsi, inutile fermarsi, ora che non abbiamo quasi più nulla da perdere, in un contesto devastato come quello in cui viviamo attualmente. È molto più importante, al contrario, cercare ancora, analizzare le vicende di quei giorni e riflettere su ciò che è stato e sulle insidie che incombono sul nostro domani, in una fase storica in cui a regnare sovrana è l’incertezza e il rischio che delle forze destabilizzanti di varia natura, non per forza dinamitarda e stragista, si attivino di nuovo, purtroppo, non è da escludere.

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