Le banche, Brecht e la Boschi

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“Che cos’è rapinare una banca a paragone del fondare una banca?”. L’aforisma, forse abusato, di Bertolt Brecht, drammaturgo geniale e comunista tedesco un po’ eretico, spiega bene l’antica diffidenza della sinistra nei confronti delle banche. Con il tempo le cose sono cambiate, ma il rapporto della sinistra con le banche è rimasto difficile e a tratti tempestoso. Eppure le banche sono un’invenzione dei mercanti italiani nell’età dei Comuni e sono diventate un’istituzione, che Machiavelli considerava uno stato nello stato, perché si fondano su regole e fiducia.
Certo, da quando la finanza è diventata “creativa”, il pericolo criminale teorizzato da Bertolt Brecht si è moltiplicato e il tradimento della banca è diventato tra i più gravi che esistano, perché non si tratta solo di soldi, ma di vite di lavoro e di risparmi. Quando (2008) la grande finanza globale, ingorda e creativa, ha fatto saltare tutte le regole, ha scoperchiato anche le magagne delle nostre piccole banche popolari e locali. E così l’aforisma di Brecht sulle banche è diventato una maledizione per quel rimane della sinistra italiana. Pietro Fassino, nel 2005, in una intercettazione pubblicata a tradimento sul Giornale dei fratelli Berlusconi, chiese a Consorte, discusso manager Unipol, “…allora abbiamo una banca?” e così fece quasi perdere le elezioni politiche dell’anno dopo.

Monte dei Paschi di Siena, nata nel 1471 come banco di pegno a favore dei più poveri e diventata la più antica e tra le più solide banche italiane, governata da sempre dalla sinistra espressa dal territorio, tra il 2007 e il 2011, dilapida il suo patrimonio economico ed etico alla rincorsa di una “grandeur” che non le appartiene e il suo crack contribuisce alla “non vittoria” di Bersani nel 2013.

Adesso la maledizione colpisce il Pd di Renzi, in caduta libera nei sondaggi. Tutta colpa del “conflitto d’interesse” dell’ex ministra delle Riforme, attualmente sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi, figlia del vicepresidente di Banca Etruria, ormai destituito. Il governo, in realtà, ha cercato di arginare la crisi delle banche italiane, soprattutto quelle piccole, “popolari”, distribuite sul territorio, che spesso hanno fatto errori clamorosi, imprestando soldi a chi non se lo meritava e altre volte imbrogliando i loro correntisti ed azionisti. Ma, così, il Pd è diventato il partito dei banchieri “criminali”, come aveva scritto Brecht. Come se non bastasse, Maria Elena Boschi ha fatto un paio di domande di troppo ed ha assistito brevemente, in silenzio, a una riunione dove si parlava di Banca Etruria, innescando la sindrome dello “scandalo”. Poco importa che la sua imprudenza istituzionale sia stata minima e che il suo “conflitto d’interessi” sia microscopico rispetto a quello, rimasto sostanzialmente inalterato, di Silvio Berlusconi.

La Commissione di vigilanza sulle banche, voluta da Matteo Renzi, ha chiarito poco o niente e sembra che tutti abbiano fatto il proprio dovere e abbiano vigilato come potevano. La realtà effettuale, inseguita da Macchiavelli, dice il contrario, ma ormai l’unica “colpevole” è Maria Elena Boschi. Le opposizioni hanno vinto la battaglia comunicativa e il Pd è diventato il partito dei banchieri e la giovane sottosegretaria è indicata al pubblico ludibrio mediatico, alimentato dalla rabbia dei migliaia di risparmiatori traditi. Forse non è giusto, ma poco importa. L’errore è stato compiuto quando la giovane donna toscana (tre aspetti che ormai sono considerati una miscela negativa) avrebbe dovuto fare un passo indietro dopo la sconfitta del referendum costituzionale e nel passaggio dal governo Renzi al governo Gentiloni. Ma ha prevalso l’arroganza e adesso qualsiasi scelta, continuare con ostinazione, dimettersi o non candidarsi, sarebbe sbagliata o imbarazzante o inutile. Forse, a quello che resta della sinistra, converrebbe rileggere “la resistibile ascesa di Arturo Ui”, ma ormai Berltot Brecht lo leggono in pochi.

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