Il servizio civile come strumento di accoglienza

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Cesc project aiuta a fare il punto sulle attività del servizio civile attraverso le testimonianze dei rifugiati: un esempio di integrazione
Sono 400 i progetti di servizio civile che coinvolgono 3.500 volontari in tutta Italia e che vedono impegnati nelle attività 75 giovani non comunitari nelle sedi di Cesc project.

Questa organizzazione è un coordinamento di enti di servizio civile che nasce dalla tradizione degli obiettori di coscienza al servizio militare insieme a quella federativa dei “piccoli” enti di servizio civile iniziata già nel 1982 con il C.E.S.C. (Coordinamento Enti Servizio Civile). Promuove e realizza programmi di cooperazione internazionale, di volontariato, di promozione dello sviluppo, culturali e formativi sia in Italia che all’estero e attualmente aggrega 102 enti tra associazioni, cooperative, enti locali, congregazioni religiose, imprese e fondazioni.

A 45 anni dall’approvazione della Legge 772 sull’Obiezione di Coscienza il Cesc Project ha organizzato nella giornata del 15 dicembre un momento di riflessione sulle attività a partire dalle testimonianze dei ragazzi titolari di protezione umanitaria o di protezione internazionale che dal 2013 possono partecipare al servizio civile nazionale in Italia. Sono ragazzi che arrivano dall’Africa, Nigeria in primis, e poi Guinea e Mali, ma anche Siria ed Egitto.

Le storie di vita dei giovani coinvolti nei progetti

Così è stato possibile conoscere alcune testimonianze dirette di questi giovani titolari di protezione internazionale come quella di Freedom, nato in Liberia, a Monrovia, e che si trova in Italia dal 2016. Ha provato ad attraversare il mare tra la Libia e l’Italia tre volte prima di riuscire ad approdare a Lampedusa. Il viaggio via terra dal suo paese, dove era minacciato di morte, è durato sette anni, con un lungo soggiorno in Libia. Adesso vive ad Artena e tutte le mattine parte da lì, alle 5,30, per attraversare prima i campi e poi la città di Roma ed approdare a Trastevere, presso la cooperativa Agorà, dove sta svolgendo il suo anno di Servizio Civile Nazionale. «Lavoro con persone disabili – racconta – li aiuto nelle loro necessità. Penso che questa opportunità sia molto importante per la mia integrazione e credo che il servizio civile sia un modo per ricambiare l’Italia per avermi accolto».

Blessing invece è nata in Nigeria. A 15 anni, senza nessuno della sua famiglia ad accompagnarla, ha attraversato il deserto, insieme ad altre ragazze, quasi bambine come lei: «Il viaggio è durato tre mesi –  ha raccontato – ed è stato faticoso, doloroso e molto violento». All’arrivo in Libia è stata rinchiusa per un mese e mezzo in una casa e poi trasportata a Lampedusa, dove i servizi sociali italiani, data la minore età, l’hanno presa in carico e affidata a una casa famiglia. «Il servizio civile mi ha insegnato a stare con gli altri. Dopo quello che avevo vissuto mi ero chiusa in me stessa invece questa esperienza mi ha fatto crescere».

Il presidente del CESC Project, Michelangelo Chiurchiù, all’apertura dei lavori ha indicato la legge sull’obiezione di coscienza al servizio militare come «elemento importante della nostra civiltà e della nostra cultura nella quale affonda le radici tanta parte del lavoro di solidarietà e integrazione» e ha specificato in merito alle attività del servizio civile che vedono impegnati i ragazzi all’estero e i titolari di protezione internazionale in Italia che «questo è il nostro modo di aiutarli a casa loro e di farci aiutare a casa nostra».

 

Da cartadiroma


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