23 morti, una notizia breve e una cartina

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Il numero 23 su google offre diciassette miliardi e seicentoottanta milioni di risultati. Una voce dice che “è il numero naturale dopo il 22 e prima del 24”. C’è una canzone, l’articolo della costituzione, l’apocalisse annunciata del pianeta Niburu. Poi una notizia che parla di 23 morti, morti annegati.Una notizia breve e la foto di un gommone in mezzo al Mediterraneo.

La strage ha un ruolo di quinto piano. Ma la ricerca è senza parametri, la strage si confonde nell’ovvio e nel banale. E suona strano. Ma non era un mare tranquillo, un  mare risolto?

Le notizie del naufragio è raccontato come una anomalia, seguono rapidamente le certezze delle partenze ridotte della metà rispetto all’anno scorso. Notizie brevi che nascondono i morti tra i successi della strategia che ha fermato le partenze, gli arrivi. Quei 23 morti li ha visti un elicottero, che ha dato l’allarme. Sono arrivate navi militari dell’operazione Eunavformed e hanno ripescato 64 superstiti. Succedeva così prima del 3 ottobre 2013, prima del naufragio di Lampedusa.

Altri morti ieri. Otto cadaveri, annegati. Altri morti nel mare risolto, restituito al controllo e alla Libia. Quello che succede a terra, nei centri di detenzione libici, non interessa a questo nostro paese. Quello che succede in mare invece?

Subito prima del 3 ottobre scorso un barcone con centotrenta a bordo è rimasto alla deriva per una settimana. Sette giorni. Sono sopravvissuti in sette. Uno è morto dopo l’arrivo in ospedale. Sette giorni alla deriva significa che non li ha visti nessuno. Per sette giorni. Era il 22 settembre. La guardia costiera libica ha parlato di cento dispersi. Quanti altri gommoni sono affondati senza che nessuno li abbia visti? Non lo sappiamo e non lo sapremo mai. Succedeva così prima del 3 ottobre 2013, prima del naufragio di Lampedusa.

Nei giorni scorsi è successa un’altra cosa anomala nel mediterraneo: la guardia costiera libica ha consegnato ad una nave militare un gruppo di migranti intercettati in mare. Li ha trasbordati su una nave militare, che poi li ha consegnati ad una nave ong che li ha portati in Italia. I libici non li hanno riportati indietro, ma li hanno trasbordati su una nave militare. Il trasbordo era uno degli articoli più controversi del codice di condotta che il ministero dell’interno voleva imporre alle navi ong. Era vietato, quasi sinonimo di collusione con i trafficanti secondo quanto risultava alla procura di Catania che aveva annunciato la certezza senza prove dei contatti tra navi ong e trafficanti. Oggi sono i libici a trasbordare i migranti, su una nave militare che poi li trasborda a sua volta su una nave ong. L’Aquarius di Sos Mediterranee, l’ong che aveva fatto cambiare il codice di condotta proprio sui trasbordi in mare e che ora è l’ultima sopravvissuta alla campagna di criminalizzazione senza prove avviata dal procuratore di Catania. Un paradosso.

23, Quel numero confuso tra diciassette miliardi e seicentoottanta milioni di risultati, resta sullo sfondo. 23 morti, annegati. Per raccontarli in televisione basta una notizia breve e una cartina del Mediterraneo, per dire che è successo li da qualche parte, in un punto indefinito di quel mare dove proteggere le persone non è più una priorità.


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